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Valerio Di Benedetto Con La Sua Poesia Evoca La Sofferenza di Antigone



“Ho scritto un libro di poesie”, esordisce un giorno Valerio.

Scrivere poesie nel 2017? Nel periodo in cui l’indice di lettura è drammaticamente precipitato?

Ma Valerio lo conosce fin troppo bene il dramma: ne è espressione ed insieme lo sfrutta come materia, trasformandolo, facendo di esso un’ispirazione, interpretandolo in una strada per far piangere i passanti.

Attore, illuminato dal genio dell’arte che permea di luce ogni sua esegesi, non ha iniziato a “scrivere poesie pensando che avrei pubblicato un libro. È una domanda che non mi è mai balenata per il cervello”.

Quando le composizioni hanno cominciato ad essere più che qualcuna, ha determinato che sarebbero state parte di una raccolta “in controtendenza all’abbassamento culturale che c’è in questo momento”.
Gli sono bastati 10 secondi per decidere: “ho pensato alla sfida” dichiara, e “ce l’avrei potuta sicuramente fare”.

Ha scritto di getto, nella notte, nel silenzio che batte quando ogni voce si è quietata, palcoscenico per il demone della sofferenza che affonda le proprie unghie nelle ore più piccole, quando ogni barriera si abbassa, seguendo la scia del sole. Un demone che ricorda un cuore che prima batteva e che l’unico modo per guarirlo, Valerio, l’ha trovato in una penna.

Amore A Tiratura Limitata nasce dal coito di “una separazione e da una sofferenza. Il bisogno di colmare o di capire quel vuoto che hai dentro, rendendosi conto delle proprie zone d’ombra”.

Tutto parte da un sentimento: uno spezzato, uno che eccede, uno che travolge, uno che cerca di curare e Valerio ha cercato di “esorcizzare una sofferenza tramite la poesia”, ma puntualizza “non ho seguito nessun tipo di struttura classica”, perché non gli interessa.

Adesso sta cominciando a scrivere haiku, “ma giusto per esercizio stilistico”.

La considerazione del concetto di poesia stravolta da un abbandono volontario di ogni schema canonico, che riesce comunque ad essere considerata tale e Valerio si chiede se “Pablo Neruda rispettava dei canoni? È più un lavoro ad immagini. Hanno un potere fondamentale, perché si basa tutto sulla descrizione e la sensazione che lascia ad ognuno”.

Evocativo, “io lavoro ad immagini” puntualizza “per il fatto che sono un attore e metto il focus su una parte che m’interessa, vado a campo largo – campo stretto, faccio un primissimo piano e da lì trovo un finale ad effetto”. Ma non è una costruzione, mi spiega.

Mi fa un esempio, in cui il suo discorso si trasforma in versi senza metrica e sento lo stridere delle cicale.

“M’interessa il diverso punto d’osservazione”: un rumore oggettivamente fastidioso, che al pensiero della vista dell’amore, diventa “armonia celestiale”.

Piccoli quadretti, che potrebbero essere opera di Vermeer, per quanto si riesce a cogliere il dettaglio e la limpidezza di ogni particolare – quello ogni giorno visibile e quello sempre invisibile.

Ad oggi, non esiste più una vera e propria corrente – come poteva essere qualche decennio fa – in tutte le varie forme d’espressione. Ci sono delle variazioni che si separano totalmente dal concetto stesso di corrente artistica. Non solo è cambiato il criterio, ma anche i canoni attuali non sono stati evoluzione dei precedenti, ma rinnovati. Il nuovo canone è assenza del canone, ma questo perché “si è ripreso tutto” m’interrompe Valerio “e non c’è più una corrente come ideologia”. E quindi solo frivolezza.

Prendere la superficialità d’impatto dell’epoca contemporanea e riuscire ad essere evocativi: questo è il nuovo canone odierno. Ma a Valerio interessa solo “tirare fuori l’immagine che ho dentro di un bisogno insoddisfatto” trasformando esso stesso in canone “ma all’interno del quale mi permetto la libertà di averne uno”, perché il punto è che “non scrivo per compiacere, ma per raccontare un qualcosa”.

La spontaneità dell’emozione: liberare l’inconscio stretto in catene, nascosto nei meandri della propria oscurità.

Nel momento in cui Valerio ha provato a scrivere composizioni alle quali aveva imposto una struttura “non sono mai uscite: non funzionavano, erano artificiose”.

La poesia di Valerio è “Forrest Gump visto da Notting Hill”.

Un’urgenza che viene trasmessa, perché ha la natura originaria e la purezza di essere tale.

Amore A Tiratura Limitata è l’excursus di una separazione, che viene descritta passo passo, post-rottura ed è uno stillicidio.

Giorno dopo giorno, la sofferenza corrode il poeta e l’unico modo per esorcizzarla è scrivere: il lettore vive lo stesso dolore dell’autore, “perché l’abbiamo vissuto tutti” precisa, “non per forza è una separazione sentimentale: può essere un lutto, una perdita d’amicizia… È un punto di vista universale. Un archetipo e come tale appartiene a tutti”.

La sofferenza di Antigone: l’umanità, “questo è il canone delle mie poesie”.

Comporre una raccolta in cui si esprime un sentimento così profondo che è frutto di un altro ancora più viscerale, è una dichiarazione nero su bianco di un’immensità presumibilmente non paragonabile, né replicabile, dalla quale è difficile riemergere ed invece è successo “nel momento in cui ho pubblicato il libro come volevo io, dopo due anni e mezzo”.

Un vissuto così intimo che viene reso pubblico e fatto proprio da estranei. Una concretizzazione che spaventa, ma se così non fosse “non permetteresti alle persone di essere incoraggiate dalla tua storia”.

L’esortazione di Amore A Tiratura Limitata è quella di decidere di “andare fino in fondo all’inferno che vi siete scelti di attraversare consciamente. Se andrete fino in fondo, quando ne uscirete fuori, avrete vinto”.

Ad un certo punto, contemporaneamente a questo progetto interiore, Valerio capisce che l’incoraggiamento può prendere anche altre strade, o più precisamente “le strade”.

È così che realizza Umanamente In Bilico: i suoi versi su serrande.

Dipinte, all’improvviso, versi che si manifestano con i colori del loro significato.

E Umanamente In Bilico è figlio di Flavio Solo (LEGGI QUI) e Er Pinto, “miei inconsapevoli genitori”, non tanto perché gli abbiano praticamente insegnato la realizzazione effettiva del pensiero sotto una forma diversa, ma “di capire, di vedere, di provare a sperimentare e di farmi scoprire da una cosa che mi piaceva tantissimo”. Una gratitudine immensa e l’entusiasmo di investire tempo ed energia in una fusione di mani e pensieri che insieme diventano un’unica cosa: uno spray, un verso, un muro; un bandone, un’ode, un pennello… Scambiandosi menti e dita, rimane la completezza dell’opera, che vuole proseguire nel tempo ed evolversi, perché “senza condivisione è tutto arido”.

Le non-rime di Amore A Tiratura Limitata sono state il risultato di un soffio che ha sospinto la mano di Valerio a strapparsi quel cuore, che stava diventando atrofico.

Brevi poesie in cui in ognuna si annusa l’odore delle lacrime.

Una poesia specchio per ogni emozione sopita, che il lettore non ricordava di aver provato.

Un’empatia che confonde: sono io che leggo o la poesia sta leggendo me?

Un’anima abbandonata su un palcoscenico che decide di mostrarsi nuda sotto i riflettori freddi, in una sala, che al momento dell’apertura del sipario era vuota.

 

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