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L’ignorante2.2 Gaza. The final cut.



The final cut, è il dodicesimo album in studio dei Pink Floyd.
L’ultimo con Roger Waters. L’ultimo dedicato completamente alla guerra.

Prima c’era stato The wall, anche quello dedicato alla guerra, alla guerra interiore di Pink, personaggio inventato da Waters, che vivendo sofferenze quotidiane, reputate dalla società spesso come normali, impazzisce.
Per Pink diventano letali, una madre iperprotettiva, insegnanti autoritari e violenti e un padre morto in guerra. Ancora guerra.

Suo padre morto ad Anzio non è una canzone, ma una realtà.
Suo padre che partì per la guerra e non tornò più è un’altra realtà.
La fortuna di vivere in un mondo aperto, l’occidente, lo portò a trasformare in musica la propria sofferenza.

La sfortuna della morte del padre lo portò fortunatamente ad odiare la guerra.

E se era nato nella striscia di Gaza?

Allora cosa succede dentro a quei corpi, dentro alle menti di quei bambini che ogni giorno vivono la follia della guerra, che vivono la sfortuna di essere nati lì e di non avere la possibilità di cambiare? Di provare ad essere Roger Waters?

E cosa succede a chi arriva da quei posti? E cosa ci chiediamo noi di loro?

Noi, che troppo spesso rimaniamo schiavi del mio e del tuo.. e mai del nostro.
Schiavi del gioco di potere che non conosce colore, che non conosce compassione.

Guerra interiore, esteriore, ma anche vera, fatta di bombardamenti, fucili e colpi di mortaio, guerra fatta di innocenti veri che cadono, muoiono, senza un motivo logico, perché la guerra non ha logica se non quella che vede potenti giocare a spartirsi zone, soldi e potere, indebolendo sistematicamente gli altri. I nemici.

“Si possono lucidare le medaglie e affilare i sorrisi e per un po’ si divertiranno a giocare… bum bum, Bang Bang, cadi, sei morto..” ..Canta Waters in “The fletcher memorial home”…

E’ facile per me prendere una parte, quando vedo bambini che con i sassi cercano di abbattere enormi carri armati come se fossero di cartone o parte di un gioco a cui loro non volevano partecipare. Ma conoscono altri giochi? Conoscono altri mondi? ..Modi?

E noi che ai nostri bambini invece compriamo pistole giocattolo o l’ultima versione di Play station con simulatori di abbattimenti e bombardamenti, di uccisione di nemici.. che poi in qualche maniera andranno identificati in futuro, con qualche faccia strana o in qualche pensiero nemico solo perché diverso.

A Gaza. Tre giorni, 100 morti. Decine di bambini.
Presunti colpevoli a cui vengono abbattute le case.
Innocenti ma Colpevoli, invece, le loro famiglie, chi viveva vicino, chi viveva in quella zona… colpevole perché vive lì, anche se magari non vuole la guerra.
Niente da fare. Non hai chance, sei nato lì, devi pagare, devi morire.

“Ora siamo freddi, insensibili,
nascondiamo i nostri sentimenti, e in fila, alle nostre spalle,
le bandiere e gli stendardi del nostro possibile passato,
sono caduti a pezzi come stracci.” (Your possible pasts)

Se fosse mio figlio. Cosa posso fare. La mia casa. La mia libertà. Se potessi decidere.
Forse tagliare definitivamente con l’odio, il rancore, l’invidia, da sempre fonti di divisione e guerra.

Coltivare speranza, sogni da realizzare, ambizioni, che possono trasformarsi in una vita futura sana e di pace, come dice la giovane Malala. .

Malala è Pakistana, è del 97, è diventata una giovane sostenitrice dell’istruzione femminile e dei diritti delle donne in Pakistan. Nel 2012 all’età di 15 anni è stata colpita  alla testa da un cecchino perché condannata a morte dai suoi nemici, perché tutti ne hanno almeno uno.

In un suo discorso alle Nazioni Unite dopo l’attentano disse che “Niente è cambiato nella mia vita tranne un fatto: debolezza e disperazione sono svanite; sono nate forza, potere e coraggio. La mie ambizioni sono le stesse, le mie speranze sono le stesse, i miei sogni sono gli stessi.”

Non riesco a guardare per qualche istante in più quella foto di copertina.

Guardando e cercando di capire la disperazione, cercando di toccarla. Impossibile immedesimarsi fino in fondo.

Allora mi chiedo: e se fosse colpevole quella madre? Sarebbe giusto? Impossibile anche questo.

Cultura di pace. Impegno quotidiano. Pensando che anche un piccolo messaggio possa arrivare lontano,  come quei cerchi che crea un sasso lanciato in un lago… che allargandosi, arrivano a toccare le rive più distanti.

Accettare il “Dark side IN the moon” delle persone perché forse proprio per questo non sempre riesco ad essere un uomo di pace e non di guerra.

Sogni, ambizioni, speranze.
Forza, potere, coraggio.
Rifutare la guerra.
Il taglio finale. Decisivo, definitivo.

The final cut.
“…Se passate oltre il campo minato sulla strada,
Se scampate ai cani,
E se ingannate il freddo occhio elettronico,
E se ce la fate ad evitare il fucile nell’entrata,
Usate la combinazione, aprite la cassaforte,
E se ci sarò vi dirò cosa c’è dietro il muro…
e se ti mostro il mio lato oscuro
mi stringerai ugualmente questa notte?
E se ti mostro il mio cuore,
se ti mostro il mio lato debole
che cosa farai?…”

Augh e buona fortuna.