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Gemitaiz l’intervista!



 

L’unico compromesso sta nel non averne, parola di Gemitaiz.

Davide, romano di 24 anni, pur essendo giovane è già un quasi veterano della scena: “L’unico compromesso” è il suo esordio da solista (su etichetta Tanta Roba) ma alle spalle, il masticarime capitolino, ha già una quantità infinità di mixtape. Andate a cercarvi, tra le altre cose, i suoi lavori a nome Xtreme Team con Canesecco ed il suo album in coppia con l’amico Mad Man.

Il disco si pone quindi come vero e proprio trampolino di lancio per Gemitaiz: parliamo di un lavoro importante, 18 tracce dove figurano ospiti del calibro di Bassi Maestro, Ntò, Sercho, Sine ed i compagni d’etichetta Ensi e Salmo.

Questo è il risultato di una veloce chiacchierata telefonica.

Buona lettura.

 

Ciao Davide, che stai combinando?

Ho finito gli instore due giorni fa, sono andati molto bene. E’ stata una bella situazione in tutti i posti dove siamo andati.

Che aspettative avevi, se ne avevi, per questo disco?

Diciamo che ero ben disposto. Certo, alcune cose sono state una sorpresa: superare i Daft Punk in classifica – per quasi tre giorni – è stata una bella soddisfazione, una bella sorpresa.

Com’è nato il rapporto con la tua nuova etichetta?

Con Dj Harsh lavoravo già da diversi anni, per cui la scelta è stata molto naturale.

Come ha influito l’etichetta sul tuo disco?

Ha influito in maniera positiva, del tipo che mi ha dato un sacco di soldi per farlo. Beh, mò, non un sacco di soldi.. ahahahah.. però ho potuto realizzare il video come volevo, le registrazioni ed il missaggio sono stati fatti nella maniera che aveva sempre sognato. Magari, in altre occasioni, avevo dovuto accontentarmi di altre soluzioni, comunque sempre rispettabilissime, che non erano quelle che avrei voluto fino in fondo. Questa volta ho potuto fare tutto come volevo e sono contento. Mi sono stati molto dietro, mi hanno aiutato, è stato un buon lavoro.

Il disco l’hai registrato a Roma?

Sì, nello studio dove registro tutto quello che ho fatto da quando ho cominciato. Ho voluto dimostrare attaccamento, mi son sempre trovato benissimo.

Questo disco è per te una rivincita verso qualcuno o qualcosa?

Ma..no. Diciamo che è una bella soddisfazione per me e, tra virgolette, può essere una rivincita verso le persone che mi avevano detto che non avere il diploma mi avrebbe precluso dal poter fare lavori piacevoli, per fari motivi. E invece io, per adesso, un lavoro piacevole lo sto facendo. Anzi, il più piacevole del mondo. Ma non penso alla rivincita, penso che sono contento per me e per chi lavora per me, perché il progetto sta continuando bene e abbiamo tutti quanti voglia di fare e di continuare.

Te lo chiedevo perché, secondo me, ascoltando il disco c’è un po’ questo atteggiamento da “io contro di voi”.

Ma non è che è “contro di voi” è più una specie di “non sarò mai come volete voi”, sarò sempre quello che voglio essere io.

Che è il compromesso che dà il titolo al disco, immagino.

Eh sì, l’unico compromesso è essere sempre sé stessi. L’unico compromesso è non averne alcuno.

Tu hai realizzato il disco con l’etichetta – passami il termine – dell’odiatissimo Guè Pequeno. Qualcuno avrà storto il naso.

Ahahha. Sì, parecchi.

Che ti hanno detto?

C’è una visione molto distorta delle cose in Italia. Si pensa sempre che chi sta ai piani alti debba per forza influenzare il modo in cui tu devi fare le cose, quando non è stato minimamente così. Non esiste proprio questa cosa. Molti storcono il naso perché pensano, hanno paura, che tu ti possa in qualche modo rovinare, cose così. Nessuno si rovina dal nulla: se qualcuno si è rovinato nel tempo, non è sicuramente colpa dell’etichetta. Ognuno, di solito, riesce a gestirsi le cose come preferisce: poi, sì, si può scadere verso il basso, ma resta comunque un discorso soggettivo. Io penso di aver dato la mia risposta con questo disco, con strofe molto aggressive e cercando sempre di portare innovazione, rappresentando al meglio tutti gli stimoli che ho.

Poco tempo fa ho avuto modo di intervistare un altro rapper di Roma, Noyz Narcos. Mi ha detto che, la critica che gli rivolgono più spesso è “non sei più quello di una volta”. A te lo dicono già?

Certo! E’ una cosa che.. a parte che va di moda adesso dire “era meglio prima..” fanno tutti i tipi nostalgici, anche se hanno quindici anni.

Ahahah!

Sì, è divertente come cosa, fa ridere.

Sì, è molto vero.

No ma poi figurati, un king come Noyz non glie se po’ veramente dì niente, anche l’ultimo disco, “Monster” è veramente un discone. Un discone. Si tratta di gusti: io ti posso dire, cazzo ne so, guarda quel tuo disco mi piaceva di più. Ma sono gusti. Non puoi dire “adesso fai schifo perché hai cambiato questo e quello”. A me ad esempio dicono “adesso fai i pezzi con i ritornelli, prima li facevi senza”. Ma io ho fatto un sacco di mixtape, nei mixtape non è necessario fare i ritornelli. Anzi, è proprio uno sfoggio di tecnica. Uno, se fa un disco, purtroppo i ritornelli li deve fare. Apprezzo il fatto del cantare, io non è che conosca molta gente che li canta, qui in Italia questa cosa non è molto forte. Oppure l’autotune. Mi dicono “l’autotune! L’autotune rovina la canzone!” Serve solo ad andare sulla nota giusta quando sei stonato. Come nel mio caso, per esempio. Si farebbero meno problemi, glielo farei sentire il ritornello senza l’autotune! (ride)

Già che mi parlavi di mixtape, ci saranno altre uscite come Extreme Team, o quello è un progetto accantonato?

No, no, nulla è mai accantonato. In questo momento sto portando avanti la mia carriera solista, sto cercando di fare quello che ho sempre sognato ma mai dire mai. C’è sempre una sorpresa in vista dal punto di vista delle cose che faccio. Vengo stimolato ogni giorno in diverse direzioni, per cui non so mai quello che andrò a fare, veramente, fra tre mesi.

Tornando al discorso relativo, se vogliamo, alla moda: tu sai bene che in questi giorni si fa un gran parlare dei contest musicali, da quelli più prettamente rap, in questo caso “Spit”, a quelli più generici dove compaiono anche dei rapper, come “Amici”, che poi –nel caso di Moreno – lo hanno anche vinto. Qual è la tua idea sulla partecipazione al concorso? Lo consiglieresti, ad esempio, ad un ragazzo più giovane, di provare questo tipo di esperienza? O no?

Se ti piace fare freestyle, sei bravo a fare freestyle, e pensi che qualcuno si possa divertire ad ascoltare le tue rime, è giusto andare a Spit. Perché se io fossi un ragazzo di 16 o di 20 anni, che prova a fare freestyle, e che sa che può far divertire le persone col proprio freestyle, mi proporrei per andare a fare una cosa del genere. Perché è una cosa prettamente rap, è fico, avvicina la gente che è un po’ sconosciuta al genere in maniera simpatica e con un approccio semplice, per quanto poi, in realtà, il freestyle sia complicatissimo. E’ divertente perché uno sta lì, lo guardi e ti diverti, perché senti il botta e risposta e quindi spesso la cosa viene presa in maniera semplicistica quando poi, effettivamente, inventare rime sul momento, a tempo, è una cosa pazzesca. Io l’ho fatto per pochi anni quando ero piccolo poi mi sono dedicato completamente ai testi. Però, comunque, rimango sempre meravigliato quando vedo una sfida particolare perché sono cose davvero bellissime. Per quanto riguarda Amici non consiglierei a nessuno di andarci, né ci sarei mai andato io perché trovo che non sia una cosa minimamente attinente al nostro genere. Soprattutto trovo che, la vittoria del “rapper di Amici” sia data esclusivamente da quello che sta vendendo adesso in Italia, cioè il rap. Credo che, se vendesse – che ne so – il canto sui tamburi, e ad Amici si fosse presentato uno che fa il canto sui tamburi, avrebbe vinto lui. Credo si tratti di questioni prettamente discografiche, quindi di vendere più dischi in un determinato momento.

Che città è oggi Roma per un mc?

Roma è sempre molto stimolante, perché succedono tante cose, se ne sentono di tutti i colori e conosci un sacco di gente: c’è molto movimento alle serate negli ultimi anni, se ne stanno facendo di più, di tutti i generi. Io non mi fermo solo al rap, seguo un po’ di tutti. E’ una bella città, un posto splendido dove stare, tranquillo. E’ bella. La cambierei solo per Berlino.

Qual è il tuo primo ricordo hip hop?

Non credo di ricordarlo, immagino sia stata una cosa casuale. Il primo disco che sentii per mesi di seguito fu il doppio album di 2Pac, All eyez on me, quando avevo tredici anni. Arrivai a sentirlo per un anno di fila, poi pensai “forse c’è qualcosa che non va, dovrei provare a sentire qualcos’altro” (ride). Piano piano ho iniziato a scoprire tutto, perché sono un infognato, sia italiano che americano, per cercare di farmi le orecchie.

Quindi, alla fine, lo salverai il rap italiano?

Ahahaahh, ma che ne so! Speriamo! Credo che la metafora del salvare fosse più una cosa ironica, infatti se mi chiedono una cosa del genere rispondo “chi lo sa”. Dipende sempre dai gusti, da quello che succede, da come si evolve. Però sì, credo sempre di apportare roba nuova, positiva, che sia apprezzabile da tutti i punti di vista.

Sei tifoso?

Diciamo che ero molto tifoso della Roma, poi aveva cominciato a darmi più insoddisfazioni che.. o meglio, non insoddisfazioni, è che mi facevo proprio rodere il fegato in determinati casi, per cui l’ho accantonata un po’. Però sì, diciamo che ancora sono un tifoso.

Domanda secca: dove arriva la Roma il prossimo anno?

Non ne ho la più pallida idea.

Sbilanciati.

Spero che annamo in Champions League.

Grazie per il tuo tempo.

A voi.