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DOVREBBE STARE IN UN MUSEO
MUSIC

Dub FX



Pochi artisti, nel mondo della musica indipendente, hanno saputo conquistarsi stima e attenzione allo stesso modo di Dub Fx. Australiano con origini italiane, Benjamin, in arte “Dub Fx” è, nella peggiore e meno fantasiose delle definizioni, un beat boxer. Un beat boxer, con l’attitudine del produttore, capace di costruire mondi in quattro quarti partendo da un tappeto sonoro realizzato con la propria bocca e l’aiuto di qualche pedale.

Inserito genericamente nella categoria dell’hip hop sperimentale, Dub Fx non si è fatto mancare incursioni nel mondo dubstep per quanto le sue radici rimangano comunque saldamente attaccate al reggae ed alla doppia h.

Bello da sentire ma, sicuramente, molto più da vedere, è uno degli ospiti più attesi per questa serata fiorentina di Helloween. Quello che avete sentito su disco, infatti, non è che un’infinitesimale parte di quel mondo in quattro quarti a cui accennavo prima. Il vero modo per catturare appieno l’essenza di questo artista è quello di vederlo dal vivo.

Quanto segue è il risultato di un rapido scambio epistolare, un pratico modo per capire la persona che si cela dietro al personaggio di Dub Fx.

Buona lettura e occhio a non finire il fiato.

So che parli italiano. Sei di origini italiane o sei semplicemente interessato alla nostra cultura?

Sono cresciuto in Australia coi miei genitori, mia madre è di Lucca. All’età di nove anni i miei genitori si sono separati ed io sono venuto in Italia con mia mamma e mia sorella per tre anni circa. Sono andato a scuola a Lucca ed ho imparato anche bene la lingua ma, in quel momento della mia vita, non ero in grado di poter apprezzare a sufficienza il vostro modo di vivere quindi me ne sono tornato in Australia quando avevo circa di 12 anni.

Recentemente è uscito un tuo disco di remix. Chi sono i produttori che vi ci sono cimentati? Che altro puoi dirci sul disco?

Il disco di remix è già uscito, può essere acquistato dal sito www.convoyunltd.com. Tutti gli artisti presenti sono praticamente giovani sconosciuti ad eccezione di T-power che è un produttore old school di jungle e drum n bass.

Cosa ti ha spinto, inizialmente, verso il beatboxing?

L’unico motivo per cui ho iniziato a fare beatboxing è perchè coi miei compagni facevamo freestyle nelle pause pranzo a scuola, tra una lezione e l’altra. Avevamo bisogno di un beat quindi facevamo a turni tra free style e beat box. Da quel momento ho cominciato a cazzeggiare e sperimentare ma senza mai prendermi troppo sul serio, come potrebbe fare un cantante, per dire. Di fatto, al giorno d’oggi, continuo a non prendermi sul serio.

Hai un background hip hop o il beatboxing ed il sampling sono soltanto degi strumenti per costruire la tua musica?

Esattamente quello. Per me il beatbox ed i loop sono solo strumenti per far girare la mia musica e le mie canzoni. Per me non è mai stato importante classificarmi all’interno di un solo genere, e, se dovessi scegliere un genere che mi ha particolarmente influenzato, ti direi il reggae. Non a caso l’hip hop è figlio del reggae. Negli anni ’60, a Kingston, c’erano già i Sound System che creavano feste per la strada tutta la notte. C’era già il dj, c’erano già gli mc a fare freestyle su una musica fortemente incentrata sul basso. E’ stato solo sul finire degli anni ’70 che i giamaicani hanno iniziato a spostarsi verso l’America e l’Europa in cerca di lavoro, portando con loro la cultura del soundsystem che ha poi generato l’hip hop.

Com’è strutturato un tuo live? Cosa dobbiamo aspettarci? Chi altro c’è sul palco con te? Che altro c’è sul palco con te?

Nel mio live c’è una loop station, una pedaliera per gli effetti ed un campionatore per batterie che uso verso la fine dello show. Non è che pianifichi molto il mio live in realtà, cerco di capire la vibra del pubblico per poi cavalcarla. Se c’è un’atmosfera da club, con tanta elettronica prima e dopo del mio live, cerco di concentrarmi sul far ballare le persone. Se si tratta di una situazione più rock n roll, magari all’aperto, cerco di fare canzoni che le persone possano apprezzare.. inoltre sul palco aspettatevi sicuramente la mia compagna Flower Fairy, che al microfono farà rap e canterà con me. Aspettatevi anche delle sorprese nel finale!

A proposito del tuo processo creativo, hai già la canzone in mente o questa si crea via via? Quanta improvvisazione c’è nella tua musica? E in studio? Quanta improvvisazione c’è in studio?

Quando comincio a comporre un pezzo, solitamente o inizio dalla chitarra oppure scrivo il testo e poi provo a cantarlo sui beat altrui più diversi fino a che non trovo l’ispirazione per poter creare qualcosa di mio. L’improvvisazione è la chiave dei miei live e lo sviluppo del mio song writing. Può capitare che scriva o canti una canzone in strada per mesi, prima che riesca a definirla come volevo e come poi la sentirete nell’album. Nello studio di registrazione invece non improvviso quanto dovrei perchè solitamente ho già un’idea chiara su cosa fare mentre, per quanto riguarda il groove, mi balocco con un sacco di cose diverse finchè non suonano come voglio io.

Ancora sul tuo processo creativo. Tu sei conosciuto come un performer di strada. Com’è stato ricreare in studio l’esperienza di strada? I pezzi li registri “live” come fai in strada?

Ecco questo è stato un problema che ho avuto per un po’. Quando ho iniziato a cantare le mie cose in strada, queste erano solo una versione, diciamo “light” di quello che avevo in testa. Infatti scrivevo cose che sarebbero dovute esser suonate da una band: per cui facevo la musica con la bocca per avere un’idea veloce di come avrebbero potuto suonare. Questo considerando il fatto che ero spesso in viaggio e ancor più spesso in strada. L’idea, allora, era poi di entrare in uno studio per registrare, con una produzione migliore, quello che avevo provato per mesi in strada e che ritenevo fosse maturo per finire sul disco. Ovviamente tutto sarebbe suonato meglio di quello che avrei potuto ottenere solo con la mia bocca ed i pedali ma poi successe una cosa buffa.. ovvero che il mio pubblico si era innamorato di come facevo le cose dal vivo, solo con la bocca ed ovviamente più grezze. Quindi quando il disco finalmente uscì, con quei suoni così puliti figli di una miglior produzione..beh.. non piacque abbastanza! Ma questa è la mia curva d’apprendimento! Adesso sono in grado di capire che il mio pubblico è molto più interessato all’anima grezza delle mie canzoni piuttosto che ad una produzione levigata. Il mio prossimo disco sarà quindi un mix di sound, quello grezzo e street assieme ad alcune lussuriose produzioni da studio, cose che non potrei rifare live e che quindi dal vivo ricreerò diversamente.

”A crossworlds” il tuo disco in collaborazione con Sirius, suona molto diverso dal tuo primo lavoro “Everythinks a ripple”. Chi è Sirius? Qual era l’idea dietro la collaborazione? Sembra esserci un po’ di mistero al riguardo..

Sirius è un amico di lunga data. Abbiamo convissuto per tre anni prima che cominciassi a viaggiare. Io facevo pop e metal mentre lui faceva psycho trance.. dopo un anno di viaggi europei, sono tornato in Australia e gli ho mostrato questo nuovo sound chiamato dubstep che stava nascendo in Inghilterra. Se ne innamorò subito e quindi decidemmo di fare un po’ di dubstep insieme. Negli ultimi tempi ho fatto andata e ritorno tra Europa ed Australia: nel mentre scrivevamo lentamente dei pezzi.. la cosa è andata avanti per quasi quattro anni. Il risultato di questi quattro anni si è finalmente concretizzato l’anno scorso quando abbiamo mandato in stampa il nostro lavoro. Il disco, confermo, è assolutamente diverso dalle cose che faccio di solito anche perchè sopra praticamente non c’è nè beatbox nè cantato. Mi sono quindi limitato ad aiutare a scrivere e produrre tutta la musica mentre Sirius è più una tecnica testa da synth con una fantastica conoscienza della produzione. Io ho tirato fuori la maggior parte delle melodie e degli arrangiamenti ed insieme abbiamo creato un qualcosa che credo sia una bella rappresentazione di come noi vediamo la dubstep.

Un’ultima cosa. So che lavori spesso con sample che siano gratuiti e di facile reperibilità.

Ad esser onesti cerco di creare tutti i campioni con la mia bocca ma se uso dei sample preesistenti allora li prendo da loopmasters. Ho anche creato un pacchetto di sample per loro quindi se qualcuno di voi fosse interessato a fare musica usando un po’ del mio sound ci dia un occhio!
Vorrei anche aggiungere che rilascio tutta la mia musica attraverso la mia etichetta Convoy Unlimited e che non potete trovarla da altre parti. Quindi, se come me amate supportare la musica indipendente, andate sul mio sito per un po’ di roba fresh!
Peace!

Dub FX sarà uno dei protagonisti della serata il prossimo 31 ottobre al Viper Theatre organizzata da Decibel Eventi e Switch – Creative social network in collaborazione con Numa Crew.

Assieme a lui, sul palco, Millelemmi, Uochi Toki, Draft, Vitalic e Teo Naddi.

Per altre info, questo è l’evento facebook.