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Artificial Dream



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La strada puzza di merda di vacca, quando avevo vent’anni mio nonno mi raccontava di quest’odore con la faccia triste del rimpianto. Adesso a rimpiangere l’asfalto e lo smog ci sono io e nipoti da bersagliare con le ingiurie della memoria non ne ho. L’influenza suina si è mangiata l’ultimo spiraglio di speranza nel futuro, quando il complotto delle case farmaceutiche fu chiaro a tutti, insorse la rivoluzione. Da allora si è capovolto tutto, i ribelli ambientalisti hanno imposto i loro dogmi e sono diventati despoti del conservatorismo naturale. Noi qualunquisti ingozzati di alcool e storie stupide di sesso e Rock & Roll, siamo finiti a razzolare in un mondo fatto di fango e ghiande. Mi avessero detto, trent’anni fa, che un giorno avrei rimpianto i SUV, mi sarei fatto saltare le cervella con una cazzo di pistola. Adesso non esiste neanche più la polvere da sparo. Il mio amico Jonh passò dall’altra sponda, l’idea di combattere per salvare il mondo lo affascinava così tanto che ci rimase secco alla prima manifestazione.

A Tribunal, nella buona vecchia Madrid, i poliziotti spararono sulla folla, morirono vecchi e bambini. Fu quello l’inizio di tutto. O la fine. Dipende da che parte uno decide di vedere le cose.

Mi chiamo Jack, ho settantanove anni, due figli e una dozzina di rimpianti. Questo diario è il diario di un uomo morto cinquant’anni orsono. Ricordo, mentre cammino a testa bassa tra i fiori dei limoni, il riflesso del sole sulle finestre della città, il rumore degli autobus alle sette di mattina sotto la terrazza di camera mia e la musica insistente di qualche locale notturno. Ricordo una notte in particolare, in un lontano Maggio del 2009, c’era tanta gente che suonava ed uno di loro sfoggiava degli arti bionici, ecco, in quel momento esatto pensai di aver finalmente messo un piede nel futuro, in un domani che mi spaventava un po’ meno di questo presente. Allora avevamo qualcuno di lontano da accusare, un potere chiaro al quale opporci. Ed un sacco di notti per divertirci. Se solo avessimo approfittato di più, se solo la gente si fosse lasciata andare davvero e, togliendo il piede dai freni inibitori, si fosse concessa ad un’opportunità in più. Magari oggi guarderei questo giardino senza provare disgusto…come un simbolo da salvare e non come prigione animale dal quale trarre l’ennesimo disgusto per quello che siamo diventati.

Ancora dieci passi, qualche ricordo intermittente ed ecco la tuo giaciglio, mio caro amico Jonh…

– Ciao…
– …
– Avresti dovuto esserci, non sai quello che ti sei perso…
– ….
– Cristo! Perché l’hai fatto? Avrei avuto bisogno di te…
– …
– Ehi! Rispondimi!
– C..Che c’è? Fatto cosa?
– Perché sei rimasto qua? C’erano due ragazze, erano nel salone, ma ormai sono andate…
– Cosa? Stavo facendo un sogno bellissimo!
– Di che parlava Jack?
– Non ricordo…credo di stasera Jonh…