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#StreetOpera Blo/B il giovane veterano



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Non me ne vogliano gli amici romani ma dagli anni zero la capitale del rap italiano è Milano, e in una città che vanta un numero vastissimo di rappers è indubbiamente difficile far sentire la propria voce. Serve un’accurata miscela d’ingredienti, la cultura del veterano e la lungimiranza delle nuove leve e Blo/B la sua pozione l’ha preparata con una cura degna di Panoramix. Dagli esordi con i Banhana Sapiens il rapper di Bresso ha calcato ogni playground che la vita gli ha messo davanti senza mai sfigurare e la lista delle sue collaborazioni è inferiore solo al numero di colleghi pronti a dirti che Blo/B tecnicamente parlando è un top player. L’attitudine di chi sa che la cultura serve ma non basta, un giovane veterano.

Nella seconda metà degli anni 90, quando la scena Hip Hop italiana viveva la sua prima “golden age”, tu eri un adolescente, con che occhi vedeva quella Milano il Blo/B ragazzino?

Per me Milano a quei tempi era un libro da studiare su ogni muro. Quello che mi attraeva di più erano i bombing e le hall che in zona da me facevano Kings come Rae e Sky4 dei CKC, Zar e Guen dei DCN (quest’ultimo tra l’altro mio compaesano, quindi il mito di noi ragazzini di Bresso), le trenate dei VDS sulle fanzine dei miei amici. Avevo gli occhi di chi guardava tutto questo con profonda ammirazione ma si sentiva molto in basso e indietro rispetto a tutta quella grandezza e stile. Sarà che ingigantiamo le cose ricordandole ma mi sembrava veramente di essere un nano che ammirava l’opera dei giganti. Giravano le leggende su Flaco che dicevano fosse il primo inventore del termine “Rapadopa” e che Neffa se ne impossessò senza il suo permesso, su Dj Elektro che utilizzava tecniche di mimetizzazione ninja per nascondersi quando dipingeva nei tunnel della metropolitana. Tutto era avvolto da una leggenda che ora è difficile ritrovare. Ricordo quando ho fatto sega a scuola perché dall’autobus ho visto Rae che stava pittando un legale lungo la strada. Sono sceso al volo, mi sono seduto la, ho scambiato due parole con un timore reverenziale gigantesco e poi sono stato la a guardarlo. Tre ore. Dalla traccia agli highlights finali. La facilità e la precisione con cui faceva cose quasi impossibili. Boh, la magia. Mi vengono ancora i brividi a scriverlo.

Dagli esordi con i Banhana Sapiens la tua ascesa è stata discretamente rapida e nel 2006 hai pubblicato in coppia col produttore Mace Tilt, album distribuito dalla Universal. Cosa hai pensato quando sapevi di poter contare sulla distribuzione di una major e quali erano le tue aspettative?

Ho sempre fatto rap senza aspettarmi nulla e nonostante questo in quel momento mi era arrivato addosso qualcosa di grosso per cui molti si sarebbero venduti un braccio. Non nascondo di essermi cagato addosso all’inizio. Per mia natura tendo sempre a guardare e correggere i miei difetti piuttosto che sbattere in faccia agli altri i miei punti di forza. Poi ho affrontato tutto con naturalezza: c’era da fare un disco e l’ho fatto. Ho collaborato con un genio musicale come Mace e con grandi come Entics, Chief e Reverendo. Soprattutto con quest’ultimo c’è ancora una grande stima umana e musicale. Ho pensato che potesse essere il mio salto di qualità a livello di esperienza e di diffusione di quello che faccio e in parte sono riuscito a raggiungere l’obiettivo. L’unico rammarico infatti è che la stragrande maggioranza di chi ha apprezzato quel disco ne è venuto a conoscenza dopo 2-3 anni dall’uscita. L’importante è però che prima o poi abbia colpito nel segno.

Il lavoro successivo su cui ti sei buttato è stato Mirokurobot, che è un album molto sperimentale. Perchè ad un certo punto della tua carriera hai deciso d’investire su un progetto del genere? Avevi solo voglia di provare a far qualcosa di diverso o c’era anche una sorta di disillusione verso il mondo del rap ed i suoi canoni di giudizio?

Era un periodo in cui continuavo a fare rap ma lo facevo in maniera più disincantata e molto meno esposta di prima. Lo facevo per non buttarmi completamente via in uno dei momenti più bui della mia vita sotto tutti gli aspetti. Mi frequentavo parecchio con Kola dei Banhana Sapiens che è legato molto ai suoni elettronici tipo Dizzee Rascal, Noisia ecc… e insieme abbiamo conosciuto Tobler: una sorta di cervello informatico che programma software audio e produce musica minimal. Abbiamo sentito cose sue e abbiamo deciso di dare vita a questo progetto, più per una voglia di “sfidarsi” che di fare la cosa del momento o cambiare pubblico. Nel bene e nel male, i calcoli non hanno mai fatto parte del mio modo di muovermi nella musica. Vado di pancia, purtroppo o per fortuna.

Un ep, un disco insieme a Easy One e Dj Daf.Tee col nome di Maad Block, il progetto Sottovalutati, contest vinti, collaborazioni di spessore e la stima della stragrande maggioranza degli addetti ai lavori. Hai trovato la tua dimensione negli ultimi anni o ti manca ancora qualcosa?

Mi sento nel pieno della maturità del mio percorso. Dopo quasi vent’anni sento una mia strofa registrata e mi soddisfa l’intenzione e l’esecuzione. Live mi sento convincente, coinvolgente, più pulito e preciso soprattutto grazie alle esperienze dal vivo insieme a un mostro da palco come EasyOne. Chi l’ha visto almeno una volta non può dire il contrario. Vorrei ampliare il numero di persone che mi ascolta, solo questo. Non sono certo pochi adesso ma spero che con il mio prossimo disco ufficiale aiuti tutto questo processo. Più che per una questione di notorietà e incassi per lo stimolo a continuare e una sempre maggiore dignità intorno a questa passione enorme a cui dono tantissime energie tutti i giorni. Di certo però non cambierò il mio modo di scrivere o i miei gusti musicali in funzione di questa cosa.

Ascoltandoti la prima cosa che salta all’orecchio è sicuramente il tuo spessore tecnico, ma quando scrivi un nuovo brano le punchlines sono vincolate al contenuto o viceversa?

All’inizio quello che mi interessava era la musicalità del flusso di parole sul beat a scapito delle parole. Adesso per me dire qualcosa è importantissimo ma mi piace dirlo per immagini flash, non mi piace narrare o descrivere troppo. Quindi faccio ruotare un concetto intorno alle tre o anche quattro parole che fanno rima in quella barra. Le chiusure sono la cosa che deve colpire chi ascolta assieme a un’associazione di immagini o parole che ti fa capire cosa ti voglio dire. So che è un metodo poco immediato da spiegare e da assorbire (è più facile farlo) ma le cose facili non sono nel mio DNA.

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Qualche giorno fa su facebook hai scritto “fare e/o ascoltare rap ed essere antifascisti ed antirazzisti è lo strafottuto minimo” ma pensi davvero che questo genere abbia ancora una carica sociale?

Si, eccome. Ma non nel modo in cui si pensa. La politica legata al rap ha fatto storia, è stata utile nella crescita del movimento ma è stata una deviazione di quello che è il rap nella sua essenza secondo il mio modesto parere. In città come Milano serve tantissimo. Serve a togliere dalle panchine ragazzi di quartieri dove la normalità è vendere, fumarsi canne o pippare tutto il giorno. Perché Milano sembra una città benestante ma ti chiede il triplo di altri posti in cambio di quello che offre. Dall’esterno non tutti lo capiscono questo. Serve a tantissimi ragazzi di seconda generazione ad alzare la mano, dire la propria, dire che ci sono, sono più italiani di tanti altri e che si sono rotti il cazzo dell’ignoranza delle persone rispetto alle proprie origine e religioni. E’ servito a me per tirare fuori la testa e dimostrare che chi nasce in provincia non ha una marcia in meno di chi sta nel centro, anzi. Dire che i politici sono ladri in Italia ormai è come dire che l’acqua è trasparente. Un “VAFFANCULO” di uno che è stanco della merda in cui sta è molto più esauriente a volte del solito cazzo di pippone fatto da pseudo moralisti barra pseudo intellettuali. Più carico socialmente di così, porca puttana, si muore.

Hai partecipato a “Genova per noi” un concorso che dimostra come il rap possa essere cantautorato. Ti senti un cantautore?

Assolutamente no. Non mi sento neanche un artista. Faccio rap e basta. Poi, se qualcuno trova uno spessore particolare in quello che scrivo e nel come lo scrivo mi fa immensamente piacere. La mia ambizione però non è quella di sentirmi un cantautore se no avrei fatto indie rock. Aggiungo però una cosa: in quel concorso ho notato che chi partecipava alla sezione cantautori, guardava noi rapper con una certa sufficienza. Al momento in cui però sentivo i loro testi erano ridicolamente banali rispetto a quello che possono scrivere un Claver Gold o un Mastino nelle loro liriche. Ho detto tutto.

So che stai lavorando ad un disco solista, puoi già anticiparci qualcosa?

Non voglio dire troppo. Sinceramente mi sono un po’ rotto il cazzo di tutti gli spam, i teaser, i proclami, gli annunci e i volantini che precedono l’uscita di un disco. Vorrei fare la cosa contraria. Lavorarci zitto zitto e al momento di uscire “SBAM” far calare in testa a tutti sta tonnellata quasi a sorpresa. Posso dire solo che sto lavorando a un progetto che sarà un unico mondo, un unico concetto sonoro. Ho passato tre mesi solo per scegliere dei beat diversi tra loro ma che stessero tutti sull’unica lunghezza d’onda che avevo in mente. Aggiungo anche che ci saranno dei nomi sul disco, ai beats e alle rime, che non vi aspettereste mai. Stop.

Come si coniugano due lavori ed una relazione sentimentale stabile con la carriera di rapper? Perchè dall’esterno è più facile credere che tu abbia un clone piuttosto che del tempo libero…

Ahahahahahah questa domanda è bellissima. Me lo chiedono in parecchi ma non so neanche io bene come faccio. Ci sarà un momento prima o poi in cui dovrò scegliere. Per ora dormo molto poco e sto attento all’equilibrio di questi elementi della mia vita. Ho la convinzione che dedicare troppi pensieri alla musica a discapito del lavoro (il mondo reale cioè, quello che ti prende a sberle ogni mattina) e degli affetti a lungo andare rende le persone vuote e paranoiche. Nah mean?

Hai mai pensato di lasciare Milano?

Ci penso tutti i giorni. Mi piace molto il relax interiore e il prendersi poco sul serio di posti come Roma o Bari. Per ora però ho cose molto importanti e forti che mi legano qui. Tipo gli amici di una vita e la sicurezza economica che mi sono sudato negli ultimi undici anni.

Ma, dimmi la verità, Milano è la città delle opportunità o degli opportunisti?

Milano è un gran troione di lusso. Ti da tutto quello che vuoi: BASTA CHE PAGHI. Venire qua senza un progetto è rischiare di stare senza soldi in tasca a sbavare davanti alla vetrina di un negozio in cui non potrai mai entrare. Gli opportunisti sono ovunque sparsi in tutto il mondo, purtroppo.