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LOTTA CONTRO LA CITTÀ FOSSILE
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The importance of being EELST



Lo scorso venerdì sera sono stato ad un concerto.


E sti cazzi, direte voi in coro.


E in un certo senso avete pure ragione, da quando sono atterrato sul sito di Omar ho continuamente specificato che il mio ruolo qui sarebbe stato quello di nerd-resident, come ad un Pacha di Ibiza pieno di ciccini occhialuti e con le penne nel taschino, manco fossimo in un video di Weird Al Yankovic.


Quindi perché mai dovreste spendere cinque minuti del vostro prezioso tempo per sentire parlare di musica uno che, in macchina, accanto alla discografia completa degli Slipknot ha l’ultimo di Katy Perry e qualche FiveLandia sparso?

Uno che, fino a prova contraria, se può parlare con cognizione di causa di qualcosa lo può fare solo discorrendo di supertizi in calzamaglia?
Beh è semplice: la band di ieri sera è composta da supereroi, uno addirittura in costume (con tanto di mantello).
Venerdì 30 giugno 2017, durante la prima giornata del festival Rugby Sound, (e, come avrebbe detto il creatore del Festivalbar, nella splendida cornice del Castello del Barbarossa) sono tornati ad esibirsi a Legnano (MI) a 32 anni di distanza dal loro primo concerto al Circolo Fratellanza e Pace gli Elio e Le Storie Tese.

Perché, per chi vi parla, Elio e i suoi ragazzi sono l’equivalente musicale dell’Uomo-Ragno quando qualcuno mi chiede: “chi è il tuo supereroe preferito?”
La mia risposta standard di solito è una variazione sul tema di: “A parte l’Uomo-Ragno, intendi?”.


La stessa cosa accade quando mi viene formulata la medesima domanda in ambito musicale. Elio e Le Storie Tese sono per me qualcosa di “precedente” al gusto musicale, nel senso che l’amore per il simpatico complessino trascende tutti i generi coi quali io mi sia confrontato e tutti gli ambienti che io abbia mai frequentato.


Avendoli conosciuti nel retro del campetto da basket dell’oratorio di Cerro Maggiore (MI), durante un assolato pomeriggio d’estate, incisi sommariamente su di una cassettina che qualcuno degli animatori “spacciava” di nascosto dal prete, posso dire che il mio primo contatto con loro sia avvenuto nel luogo meno indicato e più lontano da quella che era all’epoca (ma forse pure oggi) l’estetica/etica del gruppo milanese. 


Era probabilmente il 1991, un paio d’anni dopo la pubblicazione della prima fatica del complessino: Elio samaga hukapan kariyana turu. Lo stesso disco che, se la memoria non mi gioca brutti scherzi, fu definito dall’Osservatore Romano “un raglio blasfemo”. 


Ascoltare di nascosto “dall’autorità” canzoni che portavano su di loro lo stigma del proibito, in un luogo che era l’estensione stessa di quelli che le avevano definite tali era, per un nemmeno decenne, un’esperienza paragonabile all’evasione da un carcere di massima sicurezza a dito medio alzato.
Ancora mi ricordo le risate trattenute a fatica mentre Elio, Faso, Civas &co. narravano le gesta di John Holmes -che all’epoca non conoscevo affatto ma che l’intuito mi aveva già fatto immaginare come uno che si divertiva parecchio- e della sua, ehm… moto, oppure gli sguardi di complicità che ci si scambiava quando, in Abitudinario, venivano elencati una serie di comportamenti disgustosi che però tutti avevamo già da qualche tempo fatto nostri (ah, quanti fichi spalmati sotto il banco e quante scorregge in vasca da bagno).


Da quel lontano pomeriggio gli EELST sono entrati con forza nella mia quotidianità, i testi delle canzoni imparati a memoria con una facilità che nessuna poesia in nessuna classe avrebbe mai più portato con sé, i significati di quei testi inoltre, mano a mano che si cresceva, iniziavano a chiarirsi e diventavano giorno dopo giorno più eversivi.
Così Cartoni animati giapponesi si palesò come la dissacrante visione che il gruppo aveva della pornografia associata agli anime della loro infanzia, Cassonetto differenziato come una pungente satira sociale su di un argomento molto più drammatico di quanto si potesse inizialmente intuire, Servi della gleba come una desolante -e paurosamente realistica- visione del rapporto uomo-donna ad ogni latitudine (almeno se durante l’adolescenza siete stati degli sfigatelli come me), Cateto come…no, mi spiace.

Ad oggi non ho ancora capito che cazzo significhi quel pezzo.
In ogni caso, anno dopo anno, gli Elii aggiunsero mattoni su mattoni al castello del loro mito: dal sodalizio con la Gialappa’s (ok, mai fregato una cippa del calcio, ma i vari Mai Dire erano capolavori) alle apparizioni mitologiche al Festival di Sanremo (se non avete avuto le convulsioni dal ridere quando Elio ha estratto il suo vero braccio da sotto al maglione facendo cagare sotto la Ferilli che pensava che quello di plastica fosse quello reale, beh…state mentendo), dalle puntate notturne di Cordialmente su Radio Deejay dalle quali chiunque registrava spezzoni come i Corti, che poi circolavano sulle auto di tutta Italia, ai concerti in giro per lo Stivale, dove il simpatico complessino dava e dà il meglio di sé, Elio e le Storie Tese hanno conquistato una nicchia nel mio cuoricino che niente e nessuno potrà mai usurpare.
Eterni adolescenti ansiosi di commettere bravate innocue ma indimenticabili, il loro humour e la loro scatologica eversività si è costantemente ben sposata con la mia indole e con quella di decine di migliaia di altri loro fan, per nulla frettolosi di “crescere” o, più precisamente, per nulla decisi a farlo sacrificando il bambino dispettoso in sé.


A tutto questo però hanno sempre saputo accompagnare una qualità tecnica e musicale degna di gruppi più “seriamente” considerati.

Io non sono un musicista e stono anche quando suono il citofono, ma di musicisti e musiciste ne ho conosciuti e frequentati parecchi, moltissimi di loro hanno sempre considerato gli EELST uno dei più talentuosi ensamble mai apparsi sulla scena italiana ed internazionale, al netto di sburra, figa, figa pelosa, figlio di puttana, porco dighel eccetera.
Ecco che quindi torniamo all’inizio del mio pezzo in cui paragonavo il mio “rapporto” con loro a quello che ho con la figura immaginaria di Peter Parker, con e senza calzamaglia rossoblù.

Così come Pete nasconde straordinarie capacità ed incredibili poteri dietro la figura dello studente timido ed impacciato e, una volta indossato il costume, continua a disorientare l’avversario con battute e scherzi per celare la sua natura eroica e coraggiosa, anche Elio e la sua band ad un occhio poco attento possono sembrare solo come un gruppetto di ragazzacci ansiosi di parlare di tette, figa e merda in pubblico ma, sotto sotto, sono dei veri supereroi della musica, con poteri straordinari (ma l’avete mai sentito un assolo di basso di Faso?

E vogliamo parlare di quelli di Civas e di Christian Meyer?) e molto spesso una missione ben più ”alta” in mente di quello che i loro testi -se letti senza attenzione- potrebbero lasciar intendere.
Dall’Uomo Sabbia a Sabbiature censurata dalla Rai il passo è breve.

Poi c’è un’altra cosa che eleva i ragazzi al di sopra della figura standard del “mito” adolescenziale.
Avete presente quel modo di dire che vi consiglia di evitare come la peste di conoscere i vostri idoli? Perché, se nella migliore delle occasioni potranno rivelarsi come dei semplici esseri umani, nella peggiore potrebbero deludervi e mostrarsi per quello che sono veramente (cioè degli stronzi)?


Ecco, con loro non è andata così.
Qualche anno fa ebbi la fortuna, tramite la mia amica Chiara, di poter assistere in studio alle riprese dell’episodio di Cordialmente che celebrava i 20 anni di storia della fortunata trasmissione radiofonica.
In onda, oltre a Linus, Farolfi e la band, c’eravamo solo io, Chiara e Matteo Curti.


Fu quindi un’esperienza decisamente più personale e diretta, in quelle ore potei toccare con mano l’effettiva voglia di divertirsi dei ragazzi, la follia di Elio che mi fotteva le patatine dal piatto guardandomi fisso negli occhi, le barzellette di Faso sulle gemelle siamesi, Mangoni e i suoi plastici degli attici cardinalizi.


Quelle tre ore abbondanti furono il degno coronamento di una vita d’ammirazione verso uno dei più grandi gruppi che abbia mai avuto la fortuna di ascoltare.

Un gruppo che tramanderò senza dubbio a chi verrà dopo di me, così come sono sicuro che faranno gli altri loro fan, magari all’inizio di nascosto, passando “sotto banco” ai propri figli i primi dischi alla stregua di quello che negli anni ’70 avveniva con giornali tipo Lando, che ritornano alla luce dopo un’era di arbitrario oscuramento.


Grazie per il vostro ininterrotto e provvido intervento, sacramenti.


Forza Panino, sempre.