Margherita Landi

Iraqi Bodies in Tour

Dopo la performance “Bandaged face” per il fringe Fest di Gotheborg di agosto, sono tornata in Svezia per lavorare ancora con Iraqi Bodies.

Questa volta lo spettacolo è “Pillars of Blood”.

Dopo le prove a Gotheborg siamo partiti per “Nitra Festival” in Slovacchia per proseguire direttamente in Egitto al “The Cairo International Festival of Contemporary and Experimental Theatre”.

La performance pare sia stata un successo in entrambi i festival, anche se siamo tutti rimasti molto colpiti dal diverso modo di assistere agli spettacoli che abbiamo trovato in queste città.

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A Nitra il pubblico, nonostante un gran pieno in sala, era in un silenzio davvero impressionante. In questo teatro gigantesco, nel quale ci sentivamo piccoli piccoli era scioccante sentire un livello di attenzione così alto. Mi sentivo più densa e pesante, come nella melma, anche muovere le dita di fronte a un pubblico così attento creava uno spostamento d’aria di teste e occhi pronti a seguire. Applausi secchi e potenti e appena finiti tutti fuori dalla sala con ordine militaresco, senza uno strascico, senza un dubbio, in 2 minuti la sala era vuota e il palco mezzo smontato.

Noi non abbiamo visto nessuno se non tecnici e qualche giornalista che cercava Anmar, il coreografo. Siamo partiti la notte stessa con il dubbio che forse non fosse piaciuto.

Poi, qualche giorno sono uscite ottime review e apprezzamenti. Va detto che gli spettacoli degli Iraqi Bodies sono ad alto livello di intensità emotiva e forse non sono in grado di suscitare una reazione immediata di apprezzamento.

Il Cairo invece situazione diametralmente opposta: cellulari che squillano, gente che risponde al telefono in arabo, continui movimenti sulle sedie, nonostante il teatro fosse più raccolto sembrava di essere al mercato. Applausi durati forse 30 secondi, e poi un chiacchericcio costante della gente in sala che si salutava e commentava lo spettacolo. Noi dietro le quinte aspettavamo il vuoto in sala per raccogliere gli oggetti in scena, ma la gente oltre a non andarsene si sono messi in fila in processione per stringerci la mano uno per uno “Sciucran, sciucran” (grazie, grazie). Il saluto personale per loro, a quanto pare, vale più dell’applauso.

E’ sempre bello avere la possibilità di toccare con mano come cambi il modo di stare in teatro.

Thought credit: Margherita Landi

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