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CON LA LUCE FLUORESCENTE SEMBRA UN QUADRO DI JACKSON POLLOCK
MUSIC

Artificial Kid: L’anomalia di uno stupido cuore



Questo è il giorno in cui “racconteranno cronache di un dopo bomba”.

Era il 2009 quando il Numero 47 venne creato – e che qui venne spiegato – unico tra gli Artificial Kid ad aver ritrovato una propria coscienza.

Era il 2010 quando mi fu trasmessa la conoscenza, come accennai qui.

Il prototipo di “uomo nuovo” è stato raccontato negli anni, prima su un disco poi sporadicamente da un palco.

Il 19 settembre al Forte Prenestino di Roma è successo qualcosa che non accadeva da tempo: in questa ambientazione già suggestiva, al calar della notte il trio di Artificial Kid si è riunito: Danno, Stabber e DJ Craim.

Champa, che ha illustrato le parole, insieme a C1P8,ha illuminato con immagini la storia tramite degli schermi, gli stessi che menziona il Danno quando dice: “ho prenotato la mia morte la diretta per il funerale / dopo di che mi seppelliranno in fondo a un monitor”.

Per due ore siamo stati assorbiti, ipnotizzati e abbiamo avuto la percezione reale di essere “tutti quanti dentro il grande esperimento”.

Le 3000 persone davanti ad Artificial Kid hanno visto e ascoltato “il futuro che ti hanno progettato” e i boati hanno rimbalzato sulle mura del cortile del Forte.

10.00 p.m.

Ice One ha dato l’avvio: “stringo i denti e vai e sei all’inizio della fine”.

Il DJ, produttore, pezzo di storia e detentore di quella verità che ha divulgato, l’ha trasformata in musica che viene “da altre galassie” e che sa “che la verità non è umana”.

Francesco Paura l’ha raggiunto sul palco in veste anni ’50 per ricordare che ha “visto la gente che si strema, chi si lega al sistema, la cattiveria suprema, una vecchietta che trema e un avvertimento orrendo”, accompagnato da un giovane fratello alle tastiere, The Hanger, e un alieno alle percussioni durante il ritornello, Alien Dee.

00.45 a.m.

Ed è “in mezzo a facce aliene / e sotto un sole che come la verità non c’appartiene” che il primo tra questi si è svelato: Alien Dee, il mostro finale.

Se Artificial Kid ha un braccio meccanico, che si trasforma in Kalashnikov, Alien Dee ha un braccio meccanico che si trasforma in microfono ed è lui che diventa suono.

Spara sulla folla proiettili che sono bassi, lancia bombe che fanno esplodere decibel.

01.00 a.m.

DJ Craim in consolle, al suo fianco Stabber.

Il silenzio dell’attesa in uno sconfinato spazio ricolmo di persone, di sospiri, di aspettativa.

Danno in un attimo è sul bordo dell’immenso palco.

Rappa ad un centimetro dalle fronti, si abbassa sui volti, li guarda negli occhi, legge le sue rime su altre bocche e ripete con voce chiara che “è la dolcezza che è andata a farsi fottere / e la consapevolezza che ormai non c’è più niente per cui combattere”.

Ha viaggiato “sopra un loop con i suoni per cui flashi”.

Ha “messo la mia maschera d’amianto sul viso”.
Ha “regalato al cielo tutto il mio disincanto / ingoiando ogni lacrima” che ha “pianto in un sorriso”.
Ha “restituito al mondo ogni sogno infranto”.

DJ Craim l’ha seguito e ha graffiato quei dischi per lacerare la realtà.

Stabber ha incupito il suono per mandare “segnali come luci nella nebbia”, mentre “il mondo intorno a me continua a festeggiare / anche se oggi sembra più sintetico del solito”.

01.45 a.m.

Lucci, Paura, Danno, Alien Dee, DJ Craim e Stabber “sul palco finché non finisco il fiato / guantone in alto pure se l’incontro è truccato / zero ripensamenti, almeno c’ho provato” spingono “come un cingolato”. Poi ancora Cannas (numero 1), Gente De Borgata e dopo Don Diegoh.

02.00 a.m.

L’unione di animi, di rap, di origine; di vite complesse, diverse, lontane; di rime e voci con differenti timbri, incompatibili intonazioni, di cadenze dialettali, di poesie personali, intime, di strada, d’amore.
Tutti insieme, tutto insieme: un universo di energie converse.

“E l’inquietudine la solitudine
ed ogni cosa che diventa un’abitudine
ho cercato qualcuno a cui parlare
per capire e non dire che è stato tutto inutile”
.

Non è stato inutile.

E alla fine…

“Sai qual è la verità?
È che vorremmo innamorarci e non ammalarci”
.