Premio Speciale Nastri D'Argento
MUSIC

Inizia il percorso per realizzare un documentario che racconti l’hip hop in Italia.

Intervista a Linus su Street Opera

Scritto il 9/04/14 da Omar Rashid

Qualche tempo fa, in occasione della proiezione del suo film “Sta per piovere”, ho raccontato i punti in comune tra me e Haider Rashid: il cognome, il babbo iracheno, la mamma calabrese e l’essere fiorentini. Era scritto che avremmo dovuto far qualcosa insieme.
Lui veniva dal mondo del cinema, io sono da sempre legato alla realtà urban italiana e di conseguenza al mondo dell’hip hop made in Italy.
Ed è così che è nata l’idea di “Street Opera”.

Questo progetto nasce con l’intenzione di esplorare questo fenomeno dall’interno con la volontà di rappresentare il lato più vero e spesso sottovalutato, della vita di queste discipline e degli artisti che le praticano: la dedizione, gli sforzi, la passione.

Abbiamo pensato che la cosa migliore per trasformare questa idea in qualcosa di tangibile fosse quella di realizzare un documentario effettuando un focus sul mondo del rap italiano.

Il rap è una disciplina che al giorno d’oggi sta vivendo l’apice della sua popolarità nella nostra penisola. Solo per citarne alcune, realtà come Club Privè e MTV Spit o la vittoria di Sanremo giovani da parte di Rocco Hunt hanno definitivamente sdoganato l’hip hop anche alle generazioni dei nostri genitori.

La maggior parte delle persone crede che il rap sia solo un fenomeno del momento, ma in realtà c’è un mondo dietro ed è presente nella nostra penisola da quasi trenta anni.

Per capire ancor meglio il fenomeno abbiamo deciso di intervistare un personaggio di spicco del mondo della comunicazione. Il direttore artistico di una delle radio più popolari italiane: Linus di Radio Deejay.

Direttore artistico già a metà degli anni ’90, ha vissuto dal punto di vista del mondo dello spettacolo sia la golden age che la decadenza del genere ed infine la consacrazione del rap nel panorama nostrano.

Ci accoglie nel suo ufficio dove, mentre allestivamo il set per effettuare le riprese video, ho avuto l’onore di sedermi sul suo “trono”.

Linus ci racconta che comunque in qualche modo si sente anche lui un esponente di questa scena perché negli anni ’80 non solo ascoltava, ma suonava anche i pezzi dei Run DMC, «l’hip hop è una cosa che mi appartiene, perché la mia generazione si è avvicinata alla radio più per la musica black che per il rock and roll. L’evoluzione del rap è stato un genere che ci piaceva».

Come succede per tutti i generi, quasi in contemporanea, il genere musicale prende piede anche con la nostra madrelingua, ma il rap non sembrava proprio un qualcosa che potesse attecchire.

Uno dei personaggi che riesce a sdoganare il genere grazie anche a trasmissioni come “1,2,3, Jovanotti” è Lorenzo Cherubini, nonostante l’approccio più goliardico rispetto alle radici.

«In maniera contraddittoria Jovanotti ha influenzato tantissimo la scena italiana» ci conferma Linus, e conclude il discorso su di lui dicendoci che dopotutto «…anche il rapper più incazzato è stato un adolescente curioso».

Radio Deejay è stato un punto di riferimento per la scena della Golden Age, grazie alla trasmissione “One Two, One Two” e ai passaggi in radio di brani decisamente lontani dal gusto a cui erano abituati gli italiani. Personaggi come Tormento, Neffa, Articolo 31, OTR, la Pina erano degli habitué della Radio e li ricorda pieni di entusiasmo e di energia.
Ci dice che «il rap italiano all’inizio era molto leggero ed era facile da sdoganare per una radio leggera come la nostra» e che comunque gli faceva un «effetto curioso e un po’ divertito.
Sembrava un gioco per pochi, un linguaggio non adatto tecnicamente per il nostro modo di parlare.
Ci hanno cresciuto dicendoci che l’inglese è musicale e l’italiano non lo è e che quindi evidentemente il rap italiano non poteva esistere. Per fortuna si sbagliavano».

Dopo un periodo d’oro però il fenomeno sembra scomparire agli occhi della massa e, mentre rimane vivo e vegeto nel mondo dell’underground, diventa sempre meno frequente nei mass media. Cos’è che non ha funzionato?

«Voglio pensare che in quel momento d’oro ci fosse anche un elemento di casualità. Nel senso che quando un prodotto ha una componente artistica, per fortuna, non è così matematico e pianificabile. Come nel calcio nascono grandi giocatori in certi periodi, poi non rinascono più per altri, allo stesso modo del rap italiano per qualche anno è mancato qualcuno che facesse un po’ da spirito guida.
Come reazione ai primi anni molto molto leggeri ce ne sono stati altri molto molto impegnati nei quali forse il rap cercava di accreditarsi intellettualmente e quel tipo di rap, assolutamente rispettabile, faceva fatica ad uscire dall’underground e quindi non si sentiva sulle radio ed è sembrato che il rap morisse. In realtà non è morto, si è soltanto strutturato, rigenerato e poi quando è stato pronto è riuscito a far nascere quei grossi nomi degli ultimi cinque o sei anni che lo hanno definitivamente fatto affermare come genere che esiste. Punto. Adesso in qualche modo c’è!”.

Nonostante questo molti non la vogliono considerare musica.

Linus ci dice infatti che l’approccio generale è superficiale, «l’atteggiamento è un po’ quello che c’era un tempo per una certa musica da discoteca. Molti dicono “eh, cose ci vuole a far quel pezzo li, sono due note” e non capiscono che non sono le due note la difficoltà, ma è l’originalità dell’intuizione. Aver capito che quelle due semplici note possono essere un gancio talmente efficace da valere quanto una strofa scritta da Lennon e McCartney. Per cui è solo questione di comprensione e a volte di chiusura mentale.
La musica non è tecnica.
Ci sono dei chitarristi bravissimi che non trasmettono nessun tipo di emozione.
Il rap va capito, va affrontato e va apprezzato.
È chiaro che non lo puoi paragonare a certi mostri sacri dal punto di vista tecnico, però secondo me nella creatività del rap c’è così tanto che spesso nella musica italiana non c’è.
Uno dei difetti principali della musica italiana degli ultimi quindici o vent’anni sono i testi che sono drammatici.
Finita l’epoca dei cantautori la musica italiana di oggi quasi sempre è terrificante dal punto di vista dei testi.
La musica rap potrà anche essere apparentemente ripetitiva, ma nel testo ha quasi sempre una creatività esplosiva.
Per cui non so chi sta peggio in questo momento».

Gli chiedo chi ha caratterizzato secondo lui il rilancio di questi ultimi anni.

«Non vorrei essere troppo tecnico, perché poi mi dicono che ho i capelli bianchi e non sono autorizzato a parlarne, però c’è questa scena musicale dei Dogo e dintorni che credo siano stati molto bravi a trovare un punto di unione fra un certo modo incazzato di fare rap e una certa goliardia di fondo che deve esserci per chi fa musica e in generale.

Mi piace anche molto la figura Ax come grande vecchio che gli sta dietro.

E poi tante altre realtà molto forti come Roma che è sempre stata molto presente.
Magari un po’ più cupa, invece del clima che fa pensare che dovrebbe essere più cupo Milano. Invece il rap romano forse è sempre stato più legato ad una realtà delle periferie che da noi non sono dei milanesi. Mentre il romano di periferia è comunque un romano che canta il suo disagio. Qui dovremmo andare a chiedere ai rumeni e gli albanesi di fare rap, ma qui si entra sul sociale ed è un altro discorso».

Comunque anche i social network hanno inciso in questa nuova esplosione forse con il demerito di «avere un po’ instupidito la scena, perché la possibilità di commento e di chiacchiera spesso viene abusata da chi non ne avrebbe l’autorizzazione o le capacità.
Ma d’altro canto è un veicolo pazzesco. Al punto che i media come noi possono essere bypassati e non esistere, ma esistere lo stesso. Io ho un figlio adolescente e lui le canzoni le ascolta tramite Facebook».

Oggi la scena italiana è ancora spaccata in due. Da un lato c’è il mainstream che sta vivendo un momento d’oro, dall’altra l’underground che comunque è sempre stato vivo.
Il suo parere su queste due realtà è che «l’underground è il germoglio da cui poi nasce il mainstream ed è stupido che l’underground guardi male al mainstream perché secondo me è una posa vecchia e se uno è riuscito ad arrivare al mainstream è perché evidentemente ha avuto le capacità di fare quel salto che gli ha permesso di arrivare a più gente.
Non è che per forza chi arriva a più gente è più stupido. I quadri più famosi del mondo sono il Cenacolo e la Monna Lisa e non è che fosse esattamente un idiota quello che li ha dipinti, no?
Nel nostro paese purtroppo soffriamo sempre di grandissima invidia. Siamo il paese del catenaccio, dove è più importante non far segnare gli avversari che cercare di fare gol.
Non accettare il successo degli altri è un modo per ammorbidire la propria frustrazione e il proprio non successo. È facile dire “non ho successo perché sono underground”.
Nessuno vuole non avere successo.
Parliamoci chiaro.
Se facciamo un lavoro come questo tutti quanti vorremmo arrivare ad avere il maggior numero di contatti possibile.
Poi magari tra le cose mainstream si può dire “questo mi piace” e “questo mi fa schifo”, ma questo è un altro discorso.
Quando c’erano i Beatles e i Rolling Stones c’era a chi piacevano gli uni a chi gli altri, ma detto questo non si poteva dire che fossero una merda».

Abbiamo concluso chiedendogli la sua definizione di rap:

«Il rap è trovare musicalità al parlato, è un modo di far fluire le parole talmente morbido che diventano musica in una maniera un po’ diversa e attraverso un approccio differente rispetto alla musica convezionale. Per me era rap anche “Walk on the wild side” di Lou Reed. Quel suono li per me era già rap anche se magari non è giusto classificarlo in quel modo».

La chiacchierata è stata molto interessante e ci è servita a capire anche meglio che direzione dare al nostro progetto.

Street Opera inizia da qui.

Ciak. Si gira!

P.S. Un doveroso ringraziamento va alla Karse di Radio Deejay che ha reso possibile questa intervista.

Omar Rashid Autore

Omar Rashid
È il gran capo e fondatore di GOLD,‭ ‬scrive di tutto e gestisce‭ ‬il circo dei cervelli di questo splendido progetto.‭