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La fase quattro e il Multiverso dei Marvel Studios



Dico subito che tutto ciò che scriverò sarà spoileroso, quindi, se avete intenzione di vedere i film che tratterò, magari rimandate la lettura. Ad ogni modo, non affronterò il tema delle polemiche dei vari registi contro i Marvel Studios e il fatto che ciò che fanno non è Cinema. Per me lo è assolutamente, per quanto abbia un approccio totalmente diverso; il perché lo avevo raccontato nel pippone precedente. (Link)

L’ultima volta che parlai di cinecomic era in occasione della conclusione della “Saga dell’Infinito”, quando uscì il film dei fratelli Russo “Avengers Endgame”. Anche se la vera conclusione della “fase tre” del Marvel Cinematic Universe è da attribuire a “Spider-Man – Far from home”; che ha una funzione da appendice, per mostrare come il mondo è andato avanti dopo quello che, proprio in questo film, viene chiamato il “blip”.

Il “blip” è in poche parole ciò che è successo nei due “Avengers” conclusivi. Ovvero la scomparsa di metà delle creature viventi dell’universo e la loro ricomparsa cinque anni dopo. La “fase quattro” riparte proprio da questo punto.

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“Spider-Man – Far from home”

Il film di Spider-Man, come il precedente capitolo, ha un tono drasticamente più leggero e più infantile rispetto alle altre “testate” del franchise; che comunque rimane una serie di prodotti indirizzati ad un pubblico giovane e, oltre a far ripartire gli eventi dopo l’avvento di Thanos; cerca anche di passare l’eredità di Iron Man al nostro amichevole arrampicamuri di quartiere.

In realtà le cose non vanno come avrebbe voluto Tony Stark. Anche a causa di Mysterio, interpretato da Jake Gyllenhaal, che trolla sia il publico che i personaggi del film parlandoci di Multiverso (aspetto dell’universo cartaceo che mi ha sempre esaltato); ma in realtà il tema verrà affrontato realmente solo più avanti.

Ad ogni modo, senza entrare troppo nei dettagli, il film e la “fase tre” si chiudono con un grandissimo cliffhanger: Spider-Man smascherato da Mysterio e la sua identità viene rivelata da J. Jonah Jameson; sorprendentemente interpretato da J. K. Simmons, il J. Jonah Jameson della trilogia di Sam Raimi. Il che ci lascia intendere che la trollata sul Multiverso è in realtà un semino piantato per il futuro.

Nel frattempo, tra la fine della fase tre e l’inizio della fase quattro, il mondo (quello nostro, non quello Marvel) si è trovato invischiato in una pandemia; che ha in parte rallentato e in parte cambiato i piani della Casa delle Idee.

Faccio subito un parallelo che non riesco a togliermi dalla testa; ovvero come gli eventi chiave del mondo Marvel siano in qualche modo riconducibili anche a due eventi chiave della nostra società.
La battaglia di New York del primo Avengers sta all’11 settembre 2001, come lo schiocco dì Thanos sta al Covid-19.

Spiego meglio. Entrambi gli eventi reali che ho citato hanno avuto un impatto sulle nostre vite, così come quelli di fantasia hanno avuto ripercussioni sui personaggi di questi mondi inventati; più o meno con dimensioni analoghe.
Il primo ha avuto un impatto sulle vite un po’ più soft del secondo, che invece ha toccato tutti da vicino. Entrambi momenti chiave per la nostra società ed è proprio mentre eravamo tutti chiusi in casa, sospesi come durante il “blip” cinefumettoso; che è partita la “fase quattro” del Marvel Cinematic Universe.

La “fase quattro” e il Multiverso dei Marvel Studios

Ribadisco nuovamente che il mio è un approccio da spettatore amante del tema (i supereroi), del contenuto originale (i fumetti della Marvel) e del medium-contenitore (il Cinema); ma appunto da spettatore, quindi la mia lettura è totalmente soggettiva.

Vuoi per caso, vuoi per causa, fatto sta che questa nuova fase inizia con “WandaVision”, una serie TV che omaggia la serialità televisiva; mentre il piano iniziale prevedeva lo standalone di “Black Widow” come primo tassello.

Ad ogni modo, “WandaVision”, uscito in pieno lockdown a gennaio 2021, dopo uno stop che è durato un anno più del previsto (dopo “Spider-Man – Far from home” era previsto uno stop di poco più di sei mesi, giustamente, ma si è prolungato di un anno ancora, causa Covid) è stato il prodotto perfetto per far capire il senso di questa nuova fase; che vede anche la presenza, ormai fondamentale, della piattaforma Disney Plus. Piattaforma che ricordiamo ha all’interno del suo catalogo tutti i film Marvel extra MCU; esclusi gli “Spider-Man” che sono sempre della Sony, dopo l’acquisto della Fox da parte della Disney.

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“WandaVision”

Per sintetizzare al massimo la serie, che a me è piaciuta molto, possiamo dire che tratta dell’elaborazione del lutto di Wanda dopo la morte di Visione ed è al contempo una origin story di Scarlet Witch, personaggio appena accennato nella “Saga dell’Infinito”.

Si, perché comunque quello che succede in questa fase quattro è prevalentemente allargare ed espandere l’universo costruito fino ad ora; per infine arrivare ad un Multiverso, come vedremo più avanti. Ma fondamentalmente, va ad approfondire tutti quei personaggi e quelle situazioni che fino a questo punto erano solo funzionali al racconto principale.

La cosa più interessante di questa serie è sicuramente la struttura, che ripercorre la storia della serialità televisiva a partire dagli anni ’50 ad oggi; per poi intersecarsi con il proseguo della “Saga dell’Infinito” e quindi con il mondo post-“blip”. Come detto in precedenza, l’effetto del blip sulle persone comuni era già stato mostrato; seppur con i toni da teen comedy, che contraddistinguono la “testata”dello “Spider-Man” del MCU. Stavolta però, il mondo che riparte ha un’intensità decisamente più drammatica.

La serie, che comunque cerca di avere una sua indipendenza, riuscendoci a tratti, delinea quelle che per me sono le linee guida di questa fase quattro; ovvero aprire ed espandere l’universo narrativo.

Non solo approfondisce i due protagonisti della serie, Wanda e Visone, ma introduce personaggi che si intersecano con altre “testate”. Come Monica Rambeau, che è legata a Captain Marvel essendo la figlia di Maria Rambeau; poi l’agente dell’FBI Jimmy Woo, visto in “Ant-Man and The Wasp”, e l’astrofisica Darcy Lewis di Thor.

Inoltre, anche qui abbiamo un semino-trollata sul Multiverso con il ritorno di Pietro Maximoff aka Quicksilver, che però è interpretato da Evan Peters; il Quicksilver di “X-Men: Giorni di un futuro passato”, piuttosto che da Aaron Taylor-Johnson, l’interprete di “Avengers: Age of Ultron”.

La serie si conclude con Wanda che diventa ufficialmente Scarlet Witch, con Visione che torna in vita come versione bianca (bellissimo il confronto con la sua controparte “illusoria” sul paradosso della Nave di Teseo) e con Monica Rembeau, che nel frattempo è diventata la supereroina Pulsar. Quest’ultima inoltre si prepara ad affrontare un problema cosmico legato agli Skrull; aprendo di fatto le porte a “Secret Wars”, serie che uscirà presto su Disney Plus.

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“The Falcon and The Winter Soldier”

Il secondo tassello di questa nuova fase è sempre un prodotto seriale per la piattaforma Disney Plus: “The Falcon and The Winter Soldier”; il quale traccia un’altra direzione intrapresa dai Marvel Studios, quella di definire meglio la dimensione urbana del MCU.

Premetto che è oggettivamente uno dei prodotti più deboli di tutti quelli usciti fino ad ora, ma ha comunque alcuni ottimi momenti e una delle immagini più forti mai viste nell’universo narrativo cinematografico Marvel; quando vediamo lo Scudo di Captain America impugnato da U.S. Agent che gronda di sangue.

La serie è una sorta di buddy movie dilatato, che fondamentalmente serve solo a presentare il costume di Sam Wilson, il nuovo Captain America.

Il nostro passa da un primo momento di rigetto, legato molto anche alla tematica del razzismo nei confronti delle persone di colore in America, prima di raccogliere il testimone lasciatogli da Steve Rogers, ma alla fine accetta (per gli amanti dei fumetti consiglio di recuperare la serie su Captain America Sam Wilson).

La storia è anche interessante, ma è mal gestita ed è chiaro, perlomeno ai miei occhi. È chiaro che hanno preferito destinare parte del budget agli effetti visivi, veramente notevoli, piuttosto che sulla lunghezza della serie, alla quale mancano almeno un paio di puntate che avrebbero potuto dare più respiro alla narrazione.

Ci tengo a sottolineare che sono fan della versione cartacea e che è una delle testate fumettistiche che continuo a seguire da trent’anni. Al contrario di “WandaVision”, qui rimaniamo concentrati sulla “testata” “Captain America”, andando ad approfondire il tema del super soldato, meglio dire dei super soldati. Si interseca solo con “Black Panther” e forse, ma questa è solo una mia supposizione, con i futuri eventi di “Secret Wars”. Il personaggio di Sharon Carter per me è uno skrull, sennò fatico a capire il suo twist.

Tra gli altri personaggi che vengono introdotti per sviluppi futuri c’è anche Valentina Allegra de Fontaine, che rivedremo anche negli after credit di “Black Widow”; e che credo che in futuro guiderà i Vendicatori Oscuri, ma chissà.

Ad ogni modo, il tema principale che viene affrontato nella serie di “Falcon and The Winter Soldier” è legato alle ripercussioni del post-“blip” sugli abitanti della Terra. Questo aspetto mi ha davvero convinto, nonostante sia messo in scena in modo un po’ arruffato; ma è interessante quando i super problemi non sono più solo esclusiva dei supereroi. Il mondo è cambiato dopo la scomparsa della metà della popolazione mondiale, si è assestato ed è ripartito; e poi si è ritrovato nuovamente popolato da tutti, con tutti gli squilibri che ne conseguono.

Quindi, fino ad ora abbiamo approfondito cosa è successo ad alcuni dei nostri eroi dopo gli eventi di “Avengers Endgame”; ma c’è un episodio avvenuto in quel film che invece richiede un focus maggiore.
Vi ricordate che Loki si rimpossessa del Tesseract nel foyer della Stark Tower per poi sparire chissà dove; e di conseguenza costringere Tony Stark e Steve Rogers a fare un viaggio fuori programma negli anni ’70? Ecco, la serie di “Loki” parte proprio da qui.

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Loki

Loki si ritrova teletrasportato in un deserto dove dopo pochi istanti viene prelevato da una sorta di S.W.A.T. interdimensionali; che sono in realtà degli esponenti della T.V.A., la Time Variance Authority.
Ed ecco finalmente l’arrivo del Multiverso.

Ci era stato accennato la prima volta in “Doctor Strange”, per poi essere spiegato meglio in “Avengers Endgame”, sempre dall’Antico; e poi ci avevano dato due abbocchi con “Spider-Man – Far from Home” e “WandaVision”, ma ora finalmente se ne parla sul serio.

Quello che ci viene raccontato in “Loki” è che esiste una sorta di polizia spazio temporale che preserva l’esistenza di una linea temporale prestabilita e controllata da Custodi Temporali; che falcia tutte le varianti e i mondi paralleli e alternativi che questi creeranno. Quindi esiste una e soltanto una linea temporale in cui gli avvenimenti vanno in un certo modo perché così è stato deciso; e quando qualcosa va in una direzione sbagliata semplicemente viene spazzato via. E allora perché gli Avengers sono potuti andare nel passato e cambiare il corso degli eventi? Perché così era stato scritto e deciso dai tre Custodi, o forse no?

È bellissimo vedere Loki, che ricordiamo è il Loki post-Avengers, quello della battaglia di New York, non quello di “Thor – The Dark World” o “Thor – Ragnarok”, che rivede in video gli eventi predestinati per lui che noi già conosciamo; creando così un magico momento metacinematografico: noi che guardiamo un personaggio che riguarda la sintesi della “Saga dell’Infinito” attraverso ricordi che sono in realtà spezzoni di film che ci sono chiaramente familiari.

Nella serie, Loki, conoscerà delle sue varianti e si innamorerà di una sua variante femminile: Sylvie; personaggio riuscitissimo, che ha come scopo quello di sbrigliare il Multiverso distruggendo la T.V.A. Colpevole di averla strappata dalla sua linea temporale quando era bambina. Dopo una serie di eventi, Loki e Sylvie si ritrovano ai confini del tempo e scoprono che in realtà chi muove i fili è Colui che Rimane aka Kang il Conquistatore, o meglio, una sua variante; che sarà molto probabilmente il super villain del nuovo blocco del Marvel Cinematic Universe.

Una lettura che mi piace dare a questa serie, in particolare alla figura di Kang, è un parallelo con il vero eroe dell’MCU. Il super produttore, e dal mio punto di vista il vero autore di tutto il progetto, Kevin Feige. Il quale ha cristallizzato l’universo narrativo cinematografico della Marvel in una linea temporale che racchiude gli oltre venti film dei Marvel Studios; si fatto falciando via tutto ciò che era stato fatto prima ed è stato sviluppato in parallelo sotto l’ombrello Marvel, ma da case di produzioni differenti come la Fox o la Sony pre Tom Holland.

Ma la serie finisce appunto con la morte di questa variante di Kang, pare essere la sua versione più buona e magnanima, e con lo scioglimento del Multiverso; che ricomincia a ramificarsi in mille direzioni differenti, lasciandoci intendere che diventerà un tema portante di questa nuova fase.
Infatti, dopo aver dato finalmente spazio al passato di Vedova Nera con il suo standalone, primo lungometraggio della fase quattro; arriverà la serie animata “What If…”, che esplorerà più nel dettaglio il concetto di Multiverso.

Ma parliamo un secondo di “Black Widow”.

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“Black Widow”

Uscito dopo oltre un anno e mezzo rispetto ai piani iniziali, paga un po’ il ritardo e lo slittamento nella scaletta; perché di base oramai siamo già nel vivo di ciò che accade dopo la “Saga dell’Infinito”, ma rimane un film di spionaggio carino. Se si considera il contesto in cui si trova. Come dicevo non è che va ad arricchire più di tanto l’universo condiviso, se non con l’ingresso di Yalena Belova, la sorellastra di Natasha; interpretata perfettamente dalla bravissima Florence Pugh.

Il film è ambientato dopo gli eventi di “Captain America: Civil War”, andando anche qui a “tappare” quello che per molti era stato un buco di sceneggiatura. Quello che infatti contraddistingue questo progetto cinematografico è appunto la “Big Picture”; ovvero che il mosaico non va mai considerato realmente completo e che alcune cose, che inizialmente sembrano rimanere in sospeso, se tutto va bene, verranno approfondite in un secondo (o terzo) momento, probabilmente in una “testata” differente. Esattamente come nei fumetti.

Ad ogni modo, dopo questo sguardo al passato, arriva su Disney Plus la prima serie animata del Marvel Cinematic Universe: “What If…”

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“What If…”

Questa serie, apparentemente antologica, è in realtà una serie di storie tutte collegate tra loro, che esplora definitivamente il concetto di Multiverso, mostrandoci linee temporali alternative; causate da una variabile che ha creato una versione alternativa rispetto alla storia che conosciamo. Quella tracciata da Kang il Conquistatore.

La cosa che più mi colpisce di questa operazione è che è totalmente in linea con i miei pipponi sul Marvel Cinematic Universe. Ovvero sul fatto che tutta l’operazione non è altro che una trasposizione del linguaggio fumettistico Marvel.

Badate bene, non è la trasposizione di un linguaggio fumettistico supereroistico e nemmeno di una particolare testata; ma del linguaggio fumettistico della Marvel, che è diverso da quello della DC (di cui prima o poi parlerò con calma) che tratta sempre di supereroi, e da quello di qualsiasi altro fumetto.
È la Marvel, e nella Marvel (ma questo anche nella DC) è sempre esistito il filone “What If…”

Comunque, questa serie è inizialmente solo raccontata dall’Osservatore, che poi ne diventa partecipante attivo, una figura che i fan della controparte cartacea conoscono bene da tempo.

Come dicevo, sembrano tutte storie antologiche e scollegate; che ci presentano nuovi personaggi e situazioni che noi nerd aspettavamo da tempo come “Marvel Zombie” (di cui uscirà una serie animata dedicata); personaggi che torneranno sicuramente in “Doctor Strange e il Multiverso della Follia” come Captain Carter o Supreme Strange (li abbiamo visti nel materiale promozionale del film di Sam Raimi); ma sono appunto tutti capitoli di una macrostoria che esplora il Multiverso per trainarci verso i nuovi film, che affronteranno meglio l’argomento.

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Shang-Chi e la leggenda dei Dieci Anelli”

Il film successivo, “Shang-Chi e la leggenda dei Dieci Anelli”, secondo me è quello che più di tutti ci mostra lo spirito di questa “fase quattro”.

Ci introduce il supereroe asiatico, ma rispetto alle Origin Story delle fasi precedenti, che si concentravano sul personaggio da raccontare e il suo ambiente; stavolta ci viene sottolineato più volte che siamo nell’universo espanso della Marvel, quindi vengono toccate anche altre “testate”, come avevamo visto in “WandaVision”.

Nel film compare Wong di “Doctor Strange” (che scopriremo più avanti, in “Spider-Man – No Way Home”, essere diventato lo Stregone Supremo durante i cinque anni di assenza di Strange causa Thanos); Abominio di “The Incredible Hulk”, il Clan dei Dieci Anelli dal primo “Iron Man”; il Mandarino da “Iron Man 3″ e negli after credit troviamo anche Hulk e Captain Marvel. «Ehi, ma il Mandarino era solo un attore!» potrebbe dire qualcuno. E infatti c’è Trevor Slattery, l’interprete del Mandarino, ma c’è anche quello vero, a cui lui ha rubato il nome. Proprio per tornare a quel discorso del completare il mosaico, o tappare i buchi, se preferite, a distanza di anni.

A tal proposito ci sono da citare tuti i vari “One Shot”, una serie di cortometraggi che completavano il puzzle, soprattutto nella “fase uno e due”, che ora sono presenti su Disney Plus; tra i quali c’è anche “Viva il Re”, che raccontava appunto gli sviluppi di Trevor.

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“Eternals”

Dopo Shang-Chi arriva “Eternals”, film diretto dalla Premio Oscar Chloé Zhao che affronta l’universo da un nuovo punto di vista, quello degli Eterni appunto.

Devo dire che il film, seppur difettoso, ha il pregio di voler cercare di essere qualcosa di diverso. È quello che per me è il film più DC dell’universo Marvel. Per DC intendo la versione fumettistica, non quella cartacea, che da sempre tratta i supereroi come divinità; mentre per la Casa delle Idee sono da sempre supereroi con superproblemi.

“Eternals” racconta cinquemila anni di storia umana, guidata, o comunque condizionata, dall’aiuto di questi super esseri immortali (o quasi); che hanno il compito di aiutare senza interferire, se non per difenderli dai Devianti, così è anche giustificata la loro assenza durante l’avvento di Thanos.

Si scoprirà nel corso del film che il loro scopo, o almeno di una parte di loro, è quello di far emergere dalla Terra un nuovo Celestiale. Divinità che creano la vita nell’universo (e che avevamo conosciuto nel secondo capitolo dei “Guardiani della Galassia”) a discapito della vita degli abitanti del pianeta. Uccidere otto miliardi di vite per farne nascere centinaia di miliardi di nuove nella galassia.

Inutile dire che non succederà; ma la cosa interessante è che è il primo film della Marvel che lascia lo spettatore con il dubbio se ciò che è stato scelto sia o meno la scelta giusta.

Tra le cose da segnalare, sicuramente l’after credit con Cavaliere Nero (nel MCU, Kit Harington, interpreta una specie di variante del suo celebre John Snow) dove viene introdotto, seppur solo vocalmente, il nuovo “Blade” interpretato da Marsala Ali; che svilupperà quella parte più mistica-horror che ancora è stata poco esplorata nell’universo condiviso.

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Hawkeye

Dopo essere stati lanciati nella visione cosmica dell’universo condiviso torniamo nella dimensione urbana, a New York, con “Hawkeye”. Ls serie esplora un altro gap lasciato in sospeso durante la “Saga dell’Infinito”, ovvero il periodo in cui Occhio di Falco è diventato Ronin; momento che vediamo solo accennato in “Avengers: Endgame”.

Anche questa serie, oltre ad approfondire, allarga la visione del progetto per il futuro; inserendo Kate Bishop ed Echo e andandosi ad intersecare con uno dei villain più riusciti delle serie Marvel per Netflix (“Daredevil”, “Jessica Jones”, “Iron Fist”, “Luke Cage” e “The Punisher”); ovvero Kingpin, interpretato dal grandissimo Vincent D’Onofrio.

Le serie Marvel che fino a poco tempo fa stavano su Netflix, e che arriveranno a breve su Disney Plus, hanno un taglio decisamente più adulto e violento; quindi si presuppone che il Kingpin di “Hawkeye” sia una variante di una linea temporale diversa o comunque di un altro universo, ma queste sono solo mie congetture.

Un’altro personaggio di quell’universo narrativo fa la sua comparsata in “Spider-Man: No Way Home”, l’ultimo film uscito fino ad ora, ovvero: Daredevil; nei panni del suo alter ego l’avvocato Matt Murdock. Ma parliamo di “Spider-Man – No Way Home”.

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“Spider-Man – No Way Home”

Premesso che, come avevo scritto nella mia lista di film visti al cinema nel 2021 (Link), è il classico film che parte dal cosa per poi sviluppare il come; ovvero fare un film con i tre Spider-Man cinematografici che combattono contro i villain dei franchise precedenti al MCU.

La pellicola ha soprattutto la missione di canonizzare i film precedenti dell’arrampicamuri e, sorprendentemente, anche quella di portare nell’universo condiviso lo Spider-Man classico piuttosto che quello super tech legato a Tony Stark, come è stato fino ad ora. E perché canonizzare i film dei franchise precedenti se la forza del MCU è proprio la sua consistenza granitica e priva di interferenze?

Beh, per come la vedo io, quella del Multiverso è una parentesi che verrà presto richiusa; ma che ha appunto lo scopo di rendere canonico tutto l’universo cinematografico marchiato Marvel, cosa che avrà il suo apice con “Doctor Strange e il Multiverso della follia”. Nel primo teaser abbiamo visto tutti l’animazione Marvel iniziale formarsi con tutti i loghi dei film precedenti extra-MCU.

Cerco di spiegare meglio il mio pensiero.

La “Saga dell’Infinito” è servita a creare un universo cinematograficamente condiviso ed era importante che avesse una sua coerenza narrativa e stilistica; cosa che, soprattutto dalla “fase due” in poi, è riuscita a fare con pochissime sbavature

Era anche e soprattutto legata ai personaggi di cui aveva ancora il controllo totale. Quindi niente “X-Men” (“Deadpool” è un mutante, se ve lo state chiedendo) e “Fantastici Quattro”, che erano di proprietà della Fox, e niente “Spider-Man”, che era di proprietà della Sony; la quale ha stretto un accordo con i Marvel Studios che è partito da “Civil War” e che, nonostante un momento in cui sembrava tutto destinato al tracollo, probabilmente continuerà ad esistere. La Sony svilupperà anche un suo Spiderverse, ma ormai è assodato che si intersecherà all’occorrenza con il MCU).

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“Doctor Strange e il Multiverso della follia”

In seguito all’acquisizione di Fox da parte di Disney, tutti i film delle IP appena citate (escluso “Spider-Man” e villain collegati) sono tornati in seno alla Marvel Studios; che ha tutti gli interessi a renderle canoniche, dato che sono presenti sulla piattaforma proprietaria, ma senza necessariamente doverle sviluppare ulteriormente.

Inoltre, per quanto Kevin Feige abbia detto che non hanno intenzione di fare recast o reboot, questo tipo di problematica sicuramente si presenterà inevitabilmente tra qualche lustro; o, come purtroppo abbiamo visto, possono accadere dipartite totalmente inaspettate, come quelle del povero Chadwick Boseman o di William Hurt.

Quindi, il Multiverso è un concetto di cui sappiamo spaventosamente poco, ma è anche la soluzione ideale a questo tipo di problematiche. Grazie al Multiverso possiamo giustificare tutto e relegare i passi falsi o quelli poco coerenti con le direttive principali ad un universo.

Ed ecco quindi che l’abbocco di Quicksilver in “WandVision” prende un senso ancora diverso. Le serie urbane super violente che erano presenti su Netflix possono rientrare nella linea principale riutilizzando alcuni attori ma fregandosene di altre cose meno riuscite.

“Quegli obbrobri come “Inhumans” o “Fant4stic” possono essere canonici pur restando nel Fanculoverso”.

Zerocalcare

Se le cose andranno come penso, avremo comunque una linea temporale principale che può andare avanti mantenendo la sua solidità; esattamente come succede nei fumetti su Terra-616 (la linea temporale principale). Infatti, questo approccio al Multiverso, è totalmente coerente con la controparte cartacea che, al contrario della DC, che tende a fare dei reboot periodici, punta sempre ad allargare lo sguardo.

Inoltre, anche stavolta, la Marvel cinematografica riesce a beffare la DC cinematografica che è a lavoro da anni su “Flashpoint”; la trasposizione della bellissima saga di Flash, che racconta appunto di un universo parallelo rispetto a quello che conosciamo e che vedrà riapparire tra gli altri anche il Batman interpretato da Micheal Keaton. Ma che agli occhi dei più sarà l’ennesima copia di ciò che ha fatto la Marvel.

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“Moon Knight”

In attesa di vedere come andrà nel nuovo capitolo del Doctor Strange, diretto dall’apripista Sam Raimi (il regista dei primi film di Spider-Man); rinnovo la mia fiducia nel progetto di Kevin Feige. Il quale ha dimostrato di essere il più grande produttore cinematografico in attività; e mi appresto a vedere con grandissima curiosità “Moon Knight”, che uscirà il 30 marzo su Disney Plus.

Sull’argomento ci aggiorniamo verso la fine di questa scoppiettante “fase quattro”.
Mi raccomando Kevin, non sbagliarmi i “Fantastici Quattro”.