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In Grecia per lavoro, ho visto come vive una nazione fallita



Sono arrivato a Creta, in Grecia, il 1 Novembre. Anzi, no… Sono arrivato a Creta la prima volta tre anni fa, per un tirocinio universitario finanziato con una borsa di studio, e ci sono rimasto tre mesi. In quei tre mesi ho imparato qualcosa dell’isola, anche perché il mio boss si è sempre preoccupato di curare la mia istruzione, tanto nel campo del packaging design quanto nel campo culturale, mostrandomi come si vive a Creta.

Così, quando il 1 Novembre sono tornato per lavoro, mi sono reso conto che qualcosa era diverso. Non che Creta sia mai stata un’isola ricca. Sono abbastanza isolati e di conseguenza fanno un po’ stato a sé. C’è molta pastorizia, agricoltura e turismo, ma le aziende sono poche e piccole. La gente è ospitale, espansiva e i ritmi di vita sono molto tranquilli. Niente di questo é cambiato, ma l’atmosfera che si respira sì.

Diciamocelo: Creta non è certo Atene, dove la gente si è mobilitata in massa, dove migliaia di persone si sono accampate in piazza Syntagma, pronte allo scontro, pronte a combattere, vista la mancanza di lavoro e le tasse imposte dal governo di Papandreu – detto “Giorgino”, tanto per far capire la considerazione che aveva, ancor prima della figuraccia fatta in Europa con il referendum, ancor prima di rassegnare le dimissioni – per cercare di turare in qualche modo il debito colossale accumulato dalla Grecia. Creta, proprio perchè è una grossa isola sonnolenta, ha retto meglio alla crisi e alle nuove tassazioni, grazie all’agricoltura, al fatto che la gente si può sfamare con le risorse della terra, cosa che ad Atene non accade. Tuttavia il colpo di coda si inizia a sentire.

Io sono stato ospite di Xenophon Ritsopoulos e Rosa Serpico, una coppia di designer che hanno uno studio con cui collaboro, a Heraklion, la capitale amministrativa e il più grosso centro dell’isola. E sono loro che mi hanno raccontato l’escalation della crisi a Creta. Dall’aumento dell’IVA (passata dal 19 al 23 per cento), alle numerose nuove imposte approvate dal governo Papandreu, fino alla più vergognosa, ovvero una tassa speciale su tutte le proprietà immobiliari, allegata alla bolletta della corrente elettrica, che la gente ha dovuto pagare per non rischiare di ritrovarsi con la corrente staccata proprio alle porte dell’inverno. Poi mi hanno parlato dei negozi sfitti sulla via principale di Heraklion, e dei grossi pick-up dei contadini cretesi fermi a causa dell’aumento del costo della benzina (che è esattamente raddoppiata dall’anno passato), mentre chi sta peggio rovista nei cassonetti in cerca di qualcosa da riutilizzare.

Rosa mi ha raccontato che quando va in centro, e deve aspettare in macchina vicino a una banca, si chiude sempre dentro perché ha paura che le possa capitare qualcosa. E che il politico che abita sopra casa loro ha la guardia del corpo che lo accompagna fino al portone per paura del linciaggio. E che è assolutamente inutile inseguire i clienti per farsi pagare le fatture dei lavori completati da tempo: non hanno soldi.

Ci sono poi le cose che non ti deve raccontare nessuno, quelle che puoi notare anche da solo. Vedi i negozi delle grosse catene commerciali che sono vuoti, e ti puoi immaginare la fine che stanno facendo le piccole botteghe (anche se i costi di affitto sono calati, stanno chiudendo una dopo l’altra). Un altro settore in crisi nera è l’edilizia. Quando ero qui tre anni fa mi capitava di vedere i tondini d’acciaio che spuntavano allegramente dai tetti delle case dei cretesi come una promessa che i lavori sarebbero ricominciati, una volta che i figli fossero diventati grandi, o che la famiglia avesse avuto semplicemente bisogno di un’altra stanza. Ora è ben diverso.

Dai grossi caseggiati a cui mancano solo le rifiniture, agli scheletri di cemento che si stagliano dentro a cantieri ormai immobili, ciò che manca sono gli inquilini. Rispetto al 2010, quest’anno c’è stato un calo quasi del 30 per cento nelle nuove costruzioni. La manodopera edile ha così poco lavoro che ormai non costa praticamente più niente.

La zona industriale, dove c’è lo studio di Xenophon e Rosa, adesso è quasi silenziosa. Molte grosse ditte hanno cessato l’attività (gli esperti stimano che la produzione industriale dell’intero paese calerà quest’anno del 6 per cento e forse più). Il Beton che stava nel lotto accanto a loro – ovvero il produttore di cemento e calcestruzzo – ha chiuso da mesi. Nella fabbrica di mattoni in fondo alla via ci sono interi pallet pieni di materiale invenduto (la ditta è rimasta aperta solo perché ha ridotto all’osso il numero dei dipendenti a colpi di licenziamenti). La disoccupazione, che ad Agosto ha toccato il picco del 18,4 per cento, continua a galoppare, così come il numero dei senzatetto. Sui giornali c’è chi ha stimato che il numero degli automobilisti che in Grecia circolano senza assicurazione, perchè non hanno i soldi per pagarla, sia aumentato di mezzo milione.

Creta non è mai stata ricca, è sempre stata un posto che campa di turismo e di risorse primarie, molto semplice nel modo di vivere, genuino e per niente snob. Io ci sono affezionato, forse perché in alcune cose – non tutte – Italia e Grecia sono proprio simili. Mentre ero li è caduto il governo, lo spread è salito alle stelle, e anche in Italia si è cominciato a parlare di rischio default. Qualche somiglianza si nota, non credete?