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Writing

“Il Writing come palestra di vita” – Intervista a BOL



Una costante della rubrica Behind The Writer è quella di andare oltre il semplice gesto artistico, riuscire a cogliere ciò che l’artista sta trasmettendo attraverso le sue lettere o i suoi puppet; Bol in questa intervista è riuscito a soddisfare la mia sete di curiosità con risposte che terranno incollati allo schermo i “romantici” del Writing.

Ciao Bol, prima di tutto grazie per averci permesso di scambiare due chiacchiere, ricordi il tuo primo approccio con il Writing?

” Come spettatore. Ricordo di aver visto un pupazzo di Verme nella via dove abitavo coi miei genitori, a Roma quartiere CentoCelle. Era un umanoide robot con la testa a lampione, abbozzato con l’arancio ed il nero a ripassare le linee principali. Scoprii in seguito che era un pezzo freestyle di Costantino Pucci detto “Er Costa”; che fu il primo occupante del Centro Sociale Forte Prenestino ad avvicinarmi all’arte in strada. “

Quali sono stati i tuoi primi pensieri a riguardo?

” Stupore, meraviglia, ammirazione. Pensai che come lo aveva fatto lui potevo farlo anche io, avrei voluto farlo io. Pensai che fosse la cosa più bella del circondario. Tra le case popolari, la chiesa delle suore, il viale alberato, le pubblicità ed i negozi era un qualcosa di nuovo; impattante in maniera positiva, armonico e gratuito, per tutti. Rimasi a guardarlo per un bel po’, poi rimisi le cuffiette con la musica metal ed andai in comitiva a raccontarlo, a renderlo ancora più grande, condividendolo. “

Come è avvenuto, invece, il primo contatto con uno spray ed un muro?

” Il Costa fece un laboratorio di disegno creativo nel ‘90 ed io che mi sentivo bruttarello, per via degli occhialoni spessi ed altre cose che non mi piacevano di me, pensai fossi una buona idea per diventare figo agli occhi delle ragazze, così mi buttai a capofitto nel disegno. Attratto dall’immediatezza dello spray cominciai con il gruppo Menti Primitive, generato dal neonato Laboratorio di Disegno del CSOA Forte Prenestino, a disegnare; prima nel parco lì vicino e poi in Piazza Teofrasto durante una manifestazione politica su un vero muro illegale e scrivemmo “Pensaci Bene (il tuo benessere si nutre di sfruttamento)”. Eravamo una decina di persone a dipingere con un centinaio di compagni/e a coprirci le spalle dalle guardie. “

Cosa ti ha spinto la prima volta a metterti in gioco in prima persona?

” Dopo un po’ di anni di muralismo collettivo pensai che va bene il collettivizzare tutto, ma anche il mio essere, che andava decisamente migliorando diventando adulto, poteva essere messo in risalto. Decisi di mettermi in gioco col mio nuovo tag, BOL. “

Da cosa nasce “BOL”? Cosa significa per te?

BOL nasce da un elenco telefonico, sfogliato poco (arrivai alla B), alla ricerca di una tag breve che suonasse riempendo la bocca che rappresentasse la mia voce bassa. Chiaramente doveva comprendere lettere belle tonde, morbide, sinuose ed attrattive come il mio stile. La O era ottima per diventare un puppet e poi il cerchio, la forma perfetta che legava ogni cosa. Così decisi che andava bene e cominciai a scriverlo moltissimo su carta per trovare un bel loop che legasse queste tre lettere.

BOL è il mio specchio, l’alter ego. Il filtro da cui puoi vedermi, il trampolino di lancio verso gli altri per esprimere la parte più bella ed interessante di me. Il nome che ho scelto senza nessuna imposizione, senza nessun compromesso; mosso soltanto dalla voglia di essere me stesso, migliore di me stesso rispetto di ieri. È il nome che mi rappresenta nel mondo del Writing, quello che precede il nome della mia crew Poco Di BuonoPDB. La mia firma sul libretto degli assegni in strada a garanzia di tutto quello che porta con sé, che porto con me, nelle mie tasche esperienziali. “

Qual è il ricordo più bello legato al Writing? Cosa ti ha insegnato?

” I ricordi più belli del Writing sono legati alle persone che hanno infilato i piedi nelle mie scarpe e che hanno percorso dei tratti di vita insieme a me, condividendo gioie e dolori, momenti di ricchezza e povertà. Ne ho tonnellate e sceglierne uno sarebbe un torto per tutti gli altri; ma, volendo, potrebbe essere carino ricordare tutte le volte che ho usato il Writing e i miei pupazzi con le ragazze.

Superai un’estrema timidezza proprio grazie al disegno, con cui potei esprimere quello che cercavo di dire a parole; e di certo era molto più semplice e carino di allungare una mano di soppiatto. Lallo Il Pappagallo, il mio personaggio, in questo è stato fondamentale, fenomenale direi *ride* ed ha veramente funzionato alla grande!

Il Writing mi ha insegnato molte cose, accompagnando il passaggio dall’età adolescenziale a quella adulta. A 50 anni posso dire che mi ha insegnato a vivere, l’ho usato come metro e strumento nel rapportarmi con gli altri; non solo a livello di visuale, di apparenza, di appartenenza, ma di sostanza, in maniera esperienziale, diretta. Ci ho fatto di tutto col Writing, veramente qualsiasi cosa mi venisse in mente; ma sempre in maniera positiva, propositiva e come suggerisce l’eterno sorriso di Lallo, non l’ho mai usato per esprimere rabbia, frustrazione o negatività. “

Un’ultima domanda, che evoluzione ha preso dal tuo punto di vista il Writing? La cultura in generale, dal mio punto di vista, ha subito una metamorfosi a causa dei social e di tanti input, tu cosa ne pensi?

” L’affascinante modo di vivere questa passione negli anni ha seguito la realizzazione dei miei ed altrui sogni diventando un vero e proprio stile di vita. Considero evoluzione, dunque cambiamento in positivo, il fatto che le persone quando vedono un writer in azione, più o meno sappiano o almeno abbiano la possibilità di sapere cosa stia facendo.

C’è, d’altra parte, più consapevolezza da parte di chi dipinge in strada. Molti di noi sono adulti e le nostre esperienze non sono più quelle di adolescenti in preda a tempeste ormonali. Non siamo più dipendenti dalla produzione e dal consumo di adrenalina a tutti i costi; abbiamo strumenti per mediare tra le nostre ed altrui esigenze visuali. In questo il web e i social hanno avuto, come mezzo di comunicazione, un ruolo importante.
La massificazione espositiva delle opere realizzate tramite web, che prima avveniva solamente tramite fanzine autoprodotte in tiratura limitata e blackbook portati nello zaino, ha portato, da una parte al maggior confronto tra stili, allo scambio tra persone ed alla collaborazione ecc. dall’altra parte a nuovi modi di rappresentare sulla scena.

Si è passato, nel peggiore dei casi, dal fare un pezzo per riappropriarsi di uno spazio visuale, a discapito di quelli commerciali; al fare un pezzo solo per poterlo postare sul proprio profilo social. Chiaramente anche questa questa modalità soddisfa il bisogno di riconoscersi ed essere riconosciuto come facente parte del mondo del Writing; ma diciamo che essere presente in strada con le proprie opere non è più la sola cosa importante per un writer.

Dobbiamo fare i conti con la globalizzazione prodotta dal web ed allargare i nostri orizzonti. Andare al di là del concetto di “all city”, per dirla con un termine del Writing. Espanderci oltre la realtà, conquistando anche spazi visuali virtuali con le nostre opere, col nostro modo di fare arte, col nostro stile di vita. “

In conclusione, vuoi lasciare un messaggio a chi verrà e chi ci sta leggendo? Ti ringrazio per il tempo e per le preziose parole.

” Certo, vorrei che chi verrà dopo di noi avrà accesso alle nostre storie per scriverne la sua, alle nostre esperienze per poterle replicare, migliorare, farne tesoro, per portare nuova linfa al Writing. Innovarlo nelle tecniche, nei contenuti, nello stile ed in quello che crede sia il suo modo migliore di starci dentro; di praticarlo non solo dipingendo.

Ringrazio io a voi per esservi fatti strumento prezioso a questo scopo, un abbraccio, ci vediamo nelle strade, presto. “

Bol sull’Articolo 639.