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Cinema

“Ci serve una barca più grossa” o del cinema VR



Che qualcosa sia cambiato da questo anno zero di decennio è innegabile, e tutto sommato banale da sottolineare. L’emergenza sanitaria, il lockdown, ci hanno fatto ripensare tutte le occasioni di aggregazione: dal caffè al bar ai concerti, le manifestazioni, i cinema.
Dovunque si cerca come sfamare la sete di socialità e consumo alla quale siamo abituati: in Italia, Lucca Comics & Games ripensa la sua manifestazione autunnale; oltreoceano, la Disney lancia nella sua piattaforma streaming le sue prime visioni.

Intanto “Tenet” di Cristopher Nolan, la pellicola che avrebbe dovuto riportare il mondo al cinema, fa un gigantesco fiasco al botteghino americano, gli altri titoli più attesi, “No time to die” e “Dune”, vengono rimandati ad un anno; il circolo Cineworld/Regal, fra i più importanti in USA e UK, si avvia alla chiusura del 90% delle sue sale. A Milano i lavoratori dello spettacolo protestano in un flashmob “rumoroso”.
Ma. Forse tutto questo non è arrivato con l’attuale emergenza.

Urge un Disclaimer: non si vuole qui negare o polemizzare l’impatto sul mondo del lavoro, rovinoso degli ultimi mesi. Che il mondo dello spettacolo non è fatto solo di star ed artisti; ma soprattutto di maestranze che dall’oggi al domani non hanno più avuto nessun set, studio, teatro in cui lavorare è un fatto reale e preoccupante. Come è reale e preoccupante che la già citata chiusura delle sale Cineworld si stima causerà la perdita di 45.000 posti di lavoro. E potremmo continuare per disclaimer e disclaimer.

Forse è da un po’ di tempo che abbiamo cambiato il nostro modo di intendere e fruire le esperienze culturali e multimediali. Stiamo vivendo gli anni del trionfo dell’individualismo, della crisi della collettività o, almeno, di un cambio di prospettiva della condivisione collettiva. Chi scrive ha una visione fin troppo catastrofica di ciò che sta avvenendo, ma, limitandosi alle nostre aree di competenza: i cinema e la distribuzione languono già dall’avvento di Netflix e affini. Librerie, fumetterie, negozi di musica, da quello di Amazon. Le case discografiche da quello di Spotify. La nuova frontiera del multiplayer nei videogiochi è da almeno dieci anni online e non più assieme agli amici, in cameretta.
Non è stato il Covid a determinare che questi settori si ripensassero; è stato piuttosto terreno di nutrimento per un’evoluzione in atto da tempo.

Non che questo sia stato necessariamente un male: nel mondo dell’immediato, del tutto e subito, della comodità prima di ogni altra cosa, si è intercettato un cavallo vincente. Al centro di quest’evoluzione esiste da anni la realtà virtuale (VR). Una sorta di boa in mezzo al mare dei prodotti multimediali attorno alla quale girare attorno, come squali dell'”isola di Amity“.

Lo Squalo – Terrore ad Amity

Stiamo dicendo che la VR sarà la risposta al crescente individualismo in cui versiamo? Che la VR è il futuro? O che la VR preparerà il caffè come al bar? Probabilmente no, ma quello che stiamo vivendo è possibile che darà alle esperienze della realtà virtuale una spinta abbastanza potente da renderlo almeno un piccolo motoscafo dalla boa che è stata fino adesso.

Se ne sono accorti anche all’ultima Mostra del Cinema di Venezia, dove la cura della sezione VR è stata affidata ad uno come Hideo Kojima (il game designer di “Metal Gear Solid” e “Death Stranding” per intendersi).
Malgrado il quadro polemico in cui è stato presentato, qui non si vuole fare della rivoluzione (in atto o in arrivo) VR il paradigma per leggere i prossimi anni della fruizione multimediale; interessa invece raccontare com’è un’esperienza di visione in VR.

E, tanto per rimanere in tema, lo facciamo con l’immersione nelle città italiane durante la quarantena di Lockdown 2020 di Omar Rashid. Girato nelle città Italiane, nel film documentario non ci sono la battute agghiaccianti di Ezio Greggio; e neanche i “Bella ciao” dalle finestre, le scampanellate, gli “Andrà tutto bene” e i chitarristi che suonano Ennio Morricone in Piazza Navona.

Lockdown_2020-Firenze-goldworld
Lockdown 2020 – Firenze – Piazzale Michelangelo

C’è invece uno straniante senso di alienazione, mentre col visore ci guardiamo attorno e vediamo le piazze delle città d’arte vuote, le file silenziose e interminabili fuori dai supermercati, novelli Moloch mangiauomini.
Il visore restituisce la prospettiva straniata di un alieno, di un bambino che osserva il mondo per le primissime volte. Quelle che sono le nostre strade e le nostre città appaiono nuove, da una prospettiva che è sì quella di tutti giorni, ma, che a causa della pandemia e grazie alla visione in VR, è ora radicalmente mutata. Che fosse voluta o meno, la sensazione di vertigine che si prova ruotando lo sguardo quando si indossa il visore diviene quella di essere scaraventati inaspettatamente, dal tranquillo cosmo, nel desolato lockdown italiano.

L’esperienza VR amplifica la sensazione di spaesamento, l’immersione in un silenzio tutto nuovo, quasi irriproducibili con la sola esperienza del cinema documentario.
E poi ancora, la possibilità di indossare in gruppo il visore, di osservare il mondo sì da soli, come lo siamo stati nei mesi mostrati nel film, ma di sentire quest’esperienza come collettiva; che per chi scrive è forse l’ultima spiaggia fra le carcasse lasciate dagli squali nelle acque della nostra Amity. Quella collettività che dicevamo minata continuamente, prima, durante e dopo il lockdown.

Ecco perché nel panorama attuale il VR da boa si è fatto motoscafo. Ed ecco perché, con la marea che continua ad alzarsi, forse “ci serve una barca più grossa”.

Lockdown 2020

Lockdown_2020_GoldProductions_Flyer
Locandina

“Lockdown 2020” è il film in VR che mostra l’Italia durante la quarantena che ci è stata imposta dall’emergenza sanitaria da nuovo coronavirus.
Dall’8 Marzo al 4 Maggio 2020 l’Italia ha dovuto chiudersi in casa. Le bellezze infinite del nostro paese per la prima volta non erano vissute, ammirate né visitate da nessuno.
E mentre la vita della maggior parte delle persone era quasi cristallizzata, in un momento di pausa pregno di inquietudine, limitazioni e nuove abitudini da acquisire, le città respiravano. Vuote.

“Lockdown 2020” è un film VR documentario, un tour per raccontare un’Italia che nessuno poteva vedere, ma che era lì, immobile nella sua maestosità. La realtà virtuale veicola la totale immersione nelle immagini, la vicinanza attraverso quel distacco che abbiamo vissuto. Matilde Gioli e Vinicio Marchioni accompagnano gli spettatori che partecipano a questo viaggio. Danno voce alle parole di Laura Accerboni che racconta attraverso la poesia lo spaesamento che tutti abbiamo vissuto, la distanza, il turbamento.

Grazie all’accordo tra Rai Cinema e Sony Interactive Entertainment Italia, dal 1° Agosto scorso, il film vr Lockdown 2020 – L’Italia invisibile è disponibile tramite la piattaforma digitale LittlStar, su PlayStation Store, per tutti i possessori italiani di PlayStation VR.