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La filosofia del viaggio nel tempo nel cinema



Dopo Avengers: Endgame, di cui ho parlato più che approfonditamente, si sente un gran parlare di viaggi nel tempo e di come (secondo alcuni) ci siano delle incongruenze nel film dei fratelli Russo.

Premesso che per me non ce ne sono (come ho spiegato nel post dedicato al film), vorrei approfittare del tema caldo del momento per affrontare un altro tema che cinematograficamente mi è molto caro: il viaggio nel tempo appunto.

Fino a prova contraria, i viaggi nel tempo non sono (ancora?) possibili, quindi parlare di coerenza logica o scientifica lascia un po’ il tempo che trova. Ciò non toglie che, quando vengono utilizzati come espediente narrativo e ne vengono dettate delle regole all’interno del racconto è necessario che all’interno di tale racconto vengano rispettate.

Dato che non ho sufficienti strumenti per affrontare il tema dal punto di vista fisico, citerò alcuni film che trattano il tema in modo convincente o quantomeno divertente perché, come dice il Professor Hulk «Qui si parla di viaggio nel tempo, o è tutto uno scherzo oppure niente lo è».

La trilogia di Ritorno al Futuro di Robert Zemeckis, oltre ad essere praticamente perfetta come trilogia, ha creato la regola che è più di tutte è entrata nell’immaginario collettivo e che, nel caso non venga seguita da un altro autore, crea smarrimento e la percezione di incongruenza, sebbene non sia così.

La regola del viaggio del tempo di Zemeckis è che se torni nel passato e cambi un dettaglio cambi il futuro. Esiste quindi una sola linea temporale continua che se viene alterata andrà ricorretta nel passato sennò il futuro sarà inevitabilmente diverso.
Questa regola specifica è perfetta per l’obiettivo (o la morale se preferite) della storia: la cosa più importante è vivere il presente e scriversi il futuro giorno dopo giorno. Infatti il viaggio di Marty McFly e Doc Brown sarà una continua rincorsa ad aggiustare il passato o il futuro legato ad alcune scelte di Marty nel presente (prevalentemente la gara automobilistica con Needles).

Ci sono molti film che seguono questo tipo di ragionamento, cioè che se cambio un dettaglio nel passato cambio il presente e il futuro, come per esempio Timecop – Indagine dal futuro di Peter Hyams, The Jacket di John Maybury, Frequency – Il futuro è in ascolto di Gregory Hoblit (che richiama in qualche modo l’italianissimo La scoperta dell’alba di Susanna Nicchiarelli), Looper – In fuga dal passato di Rian Johnson, Déjà Vu – Corsa contro il tempo di Tony Scott o The Butterfly Effect di Eric Bress e J. Mackye Gruber (che è la sintesi di questa teoria: l’effetto farfalla che cambia il futuro).

Ma non è sempre stato così. Nel film The Time Machine di Simon Wells, remake de L’uomo che visse nel futuro di George Pal, invece il passato non si può mai cambiare (probabilmente era così anche nel film originale ma non è quello il focus della pellicola di Pal).
Alexander, in seguito alla morte della fidanzata, costruisce una macchina del tempo per tornare indietro e salvarla. Purtroppo però, non appena la salva, lei muore nuovamente in un altro incidente, facendo capire ad Alexander l’impossibilità di poter cambiare il passato e facendolo poi finire in un futuro remoto in cerca di risposte sul perché, futuro dove poi si svilupperà una storia fatta di Eloi e Morlock, due diverse razze in cui si è divisa la specie umana, esattamente come ne L’uomo che visse nel futuro.

Entrambi questi film sono riletture del romanzo del 1895 La macchina del tempo di Herbert George Wells, così come L’uomo venuto dall’impossibile di Nicholas Meyer, che affronta l’opera in modo metanarrativo raccontando le gesta dell’autore che costruisce una vera macchina per viaggiare nel tempo a fine ‘800 per arrivare alla conclusione che “Tutti i tempi sono uguali, solo l’amore li rende un po’ sopportabili.”

Ma torniamo alla pellicola di Simon Wells. Secondo le regole di questo film, senza la morte della ragazza Alexander non avrebbe mai costruito la macchina del tempo e quindi il suo destino è una condizione necessaria per attivare il concatenarsi degli eventi.

Sullo stesso tipo di regole si basano molti altri film come per esempio la saga di Terminator di James Cameron (franchise che ha deciso poi di sminchiare tutto con Terminator: Genisys di Alan Taylor, ma forse andrebbe considerata conclusa con il sequel Terminator 2 sempre di James Cameron), in cui Skynet (un intelligenza artificiale ribellatasi all’umanità) invia nel passato un robot-killer per uccidere Sarah Connor, la madre di John, colui che guiderà la resistenza nella guerra contro le macchine, con l’obiettivo appunto di cambiare il corso degli eventi futuri.

La cosa interessante di questo film è che crea il paradosso temporale più conosciuto della Storia del Cinema, ovvero il personaggio di John Connor che è figlio di Kyle Reese, un uomo mandato dal futuro per salvare Sarah Connor proprio dal John del futuro, senza sapere che in realtà lui sarà proprio suo padre.

Si evince quindi che il viaggio del Terminator è la causa stessa della sconfitta delle macchine, quindi che il futuro è già scritto ed immutabile.

Sempre sulla stessa linea di pensiero, possiamo includere il capolavoro L’esercito delle dodici scimmie di Terry Gillam, dove gli scienziati del futuro, che vivono sottoterra in seguito ad un epidemia che ha sterminato il 90% dell’umanità, cercano nel passato una soluzione per cambiare il loro presente, ma in cui il protagonista James Cole dovrà viversi l’immutabile realtà di essersi visto morire fin da bambino. Anche stavolta, il futuro del viaggiatore del tempo è già scritto ed è immutabile, ma il viaggio nel tempo è utile per poter cambiare il futuro non scritto.

Discorso più contorto ed intricato invece per Donnie Darko di Richard Kelly. Nel film Donnie, attraverso l’espediente dei whormhole (cunicoli spazio-temporali), vive 28 giorni di vita in più (per la precisione 28 giorni, 06 ore, 42 minuti e 12 secondi) in un universo tangente al suo, dove è morto schiacciato da un motore di un aereoplano caduto dal cielo. Per quanto macchinoso e molto difficile da spiegare, il ragionamento che viene fatto nel film ha un senso, sebbene possa risultare un gigante mind-fuck.

Ma in campo di viaggi nel tempo, il più grande mind-fuck in assoluto (anche stavolta dannatamente sensato) è Primer di Shane Carruth. In questo film la macchina del tempo segue delle regole peculiarissime: il tempo che passi all’interno della macchina è il tempo in cui tornerai indietro. Per provare ad essere un po’ più chiari, se entri nella macchina del tempo a mezzogiorno del 3 giugno e ci stai dentro ventiquattro ore, uscirai a mezzogiorno del 2 giugno. Questi viaggi temporali sfalsati aprono le porte ad un trip mentale dal quale uscirete dopo giorni (e probabilmente ne uscirete arrendendovi).

Sempre nel campo dello scientificamente credibile non posso non citare Interstellar di Christopher Nolan. Sebbene il film non tratti realmente il viaggio nel tempo ne affronta sicuramente la sua relatività, arrivando al suo culmine mettendo in scena il Paradosso dei gemelli, solo che stavolta i diretti interessati sono padre e figlia. In qualche modo anche in questo film si ha un intervento dal futuro che scatenerà una serie di eventi che porteranno proprio a quel momento scatenante: Joseph Cooper darà dal futuro i segnali alla figlia Murphy che lo porteranno a partire per lo spazio e a raggiungere la dimensione dell’amore dalla quale potrà mandare i segnali nel passato. Anche stavolta si tratta di futuro (o forse in questo caso meglio chiamarlo destino) immutabile.

La summa del concetto di immutabilità del futuro ce la da sicuramente il bellissimo (che per qualche ragione pare essere piaciuto solo a me) Predestination di Michael e Peter Spierig. Il film affronta il tema dei viaggi nel tempo ma soprattuto si concentra su un’anomalia nello spazio-tempo. Dato che il film non è molto conosciuto non mi addentrerò in dettagli spoilerosi, diciamo solo che il focus del film è la paradossale domanda «Chi è nato prima, l’uovo o la gallina?».
Da guardare a tutti i costi!

Un altro film che affronta l’immutabilità del destino del viaggiatore del tempo è un altra pellicola semi-sconosciuta e decisamente sottovalutata: Un amore all’improvviso di Robert Schwentke. È la storia di amore tra Henry e Clare in cui lui, affetto da una disfunzione genetica che lo sposta casualmente nel tempo, conosce lei sin da quando è bambina e ne rimarrà collegato fino alla fine della sua vita ed oltre. Semplicemente meraviglioso.

Nell’ambito del viaggio del tempo d’amore cinematografico c’è sicuramente un film che va visto è Questione di Tempo di Richard Curtis. Anche in questo caso, come nel film di Schewentke, il viaggiatore si sposta nel tempo senza bisogno di macchine o attrezzi vari. Il protagonista Tim scopre dal padre che gli uomini della sua famiglia hanno il potere di spostarsi nel tempo nell’arco della propria vita per poterla alterare. Si torna quindi alle regole di Zemeckis e anche stavolta il senso del film è quello di sottolineare l’importanza di vivere al massimo il presente.

Molto carino anche Timelapse di Bradley D. King in cui non c’è un vero e proprio viaggio nel tempo ma più uno sguardo nel futuro che comunque condizionerà le loro vite.

Concludo la rassegna dei film da vedere sul viaggio del tempo con pellicole che affrontano il tema in modo peculiare: Timecrimes di Nacho Vigalondo, un film assolutamente quadrato fatto da tre attori e una location (ci accoppio anche il bellissimo e sconosciuto Triangle di Christopher Smith), Source Code di Duncan Jones in cui a viaggiare nel tempo è solo la coscienza del protagonista (variante interessante sviluppata nel film di serie Z Stasis – Un nuovo futuro di Nicole Jones-Dion) e Edge of Tomorrow – Senza domani di Doug Liman che affronta il tema del viaggio nel tempo più a loop come Ricomincio da capo di Harold Ramis (film che ha aperto un vero e proprio filone che mi piace un sacco ma di cui magari parlerò un’altra volta).

Per dovere di cronaca va citato anche Project Almanac – Benvenuti a ieri di Dean Israelite che racconta il viaggio del tempo attraverso il found foutage, genere cinematografico di cui non vado pazzo, che però apre ad un tipo di viaggio nel tempo più vicino a quello narrato dai fratelli Russo nel Marvel Cinematic Universe, ovvero che apre ad un multiverso di realtà parallele. Teoria esplorata in modo molto goliardico e divertente anche nella commedia Frequently Asked Questions About Time Travel di Gareth Carrivick.

Come vedete quindi non ci sono regole ferree riguardo al tema del viaggio nel tempo bensì tante varianti funzionali al racconto che viene messo in scena.

Esattamente come è successo in Avengers: Endgame, non è la prima volta che un espediente del genere viene utilizzato in film o saghe non prettamente legate ai viaggi temporali ma che avevano la necessità di cambiare il futuro “alla Zemeckis” (come X-Men: Giorni di un Futuro Passato di Bryan Singer), sbrogliare delle situazioni intricate cercando di riscrivere un futuro già scritto “alla Gillam” (Harry Potter e il prigioniero di Azkaban di Alfonso Cuarón) o totalmente a caso perché è bello vedere un uomo del futuro nel passato (come L’armata delle tenebre di Sam Raimi o il capolavoro Non ci resta che piangere di Massimo Trioisi e Roberto Benigni) e viceversa (come la trilogia de I Visitatori di Jean-Marie Poiré).

E questo è tutto ciò che ho da dire sul viaggio nel tempo, Grande Giove!