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Due chiacchiere con Grezzo



Da pochissimo fuori con il suo disco solista “Petrolio”, direttamente da Roma, oggi scambiamo due chiacchiere con Grezzo.

Ciao Francesco, benvenuto su Gold; partiamo proprio dal tuo disco, perché il titolo “Petrolio”?

Ciao Gold, grazie per l’invito! Il disco si chiama “Petrolio” innanzitutto perché ho letto “Petrolio” di Pasolini e ne sono rimasto folgorato, non è la prima volta che resto piacevolmente impressionato da Pasolini che è sicuramente uno dei miei autori di riferimento. Oltre a questo aspetto il concetto di petrolio si sposava bene con una serie di idee che ho da un po’ e che volevo mettere in un disco. Il concetto di sostanza pura e quindi grezza non trattata dall’uomo, mi sembrava si legasse bene al mio modo di intendere e fare Rap. Il Petrolio inteso come “oro nero” rincorso da tutti, quindi il petrolio come potere, ricchezza e tutti i valori connessi al concetto di supremazia di uomini su altri uomini che mi sembra purtroppo essere la cifra della nostra società

Tutto il disco è stato prodotto da Depha al 3 Tone Studio, come hai conosciuto Edoardo e come è nata poi questa collaborazione?

Ho conosciuto Edoardo ormai qualche anno fa tramite alcuni ragazzi del Quarto Blocco se non erro, una sera al Batucada (Pub di Roma) ho conosciuto Sedato e Crine J, i quali mi dissero di conoscermi da tanto come rapper, il che ovviamente mi ha fece molto piacere, e da lì è cominciato il mio rapporto di amicizia col Quarto Blocco e quindi con Edoardo, con il quale mi sono subito sentito in sintonia a livello umano e artistico.

La traccia di “Petrolio” che senti più tua e perché.

Su tutte direi che “A Mezz’aria” è la traccia che sento di più perché è come un happy end sia nel disco (traccia finale) che nella vita, infatti quella traccia è dedicata a Lucrezia che è la persona che ha cambiato totalmente la mia vita, stravolgendola in maniera positiva, quindi ascoltando con attenzione il disco si intravede una sorta di percorso di vita che comincia malissimo e finisce alla grande, per una volta chiudo un mio disco con una traccia positiva! Di questo sono molto contento perché mi sembra un segno di crescita.

La scelta dei featuring come è avvenuta?

In realtà avevo deciso di fare un disco solista vero senza collaborazioni, poi un giorno è capitato di beccare Gast in studio e, come dire, ci siamo lasciati andare… Per quanto riguarda Indo era un po’ che dicevamo di fare qualcosa insieme e quindi abbiamo colto l’occasione! Le collaborazioni state quindi piuttosto spontanee e poco programmate.

Come ti sei avvicinato all’hip hop?

Io credo di essere attratto dal “boom cha” da quando sono bambino, mi ricordo che ascoltavo “Sei come la mia moto” di Jovanotti quando avevo 9 anni più o meno. Poi ho conosciuto i Public Enemy, a un certo punto un mio amico che saluto (Klemo) mi porto “al muretto” dove c’erano i suoi amici, una comitiva di B-Boys, a Rebibbia (quartiere). Da lì è cominciato tutto avevo 14 anni.

Fai rap da tanto tempo, da quando hai iniziato ad oggi come ed in cosa è cambiato questo genere?

Che domandone, è come dire com’è cambiato il mondo da vent’anni a questa parte… Comunque ci provo. Direi che la prima cosa che è cambiata è la popolarità del Rap in Italia. Quando ero piccolo io eravamo dei pionieri molto emarginati rispetto alle mode del momento, andava la musica tecno commerciale e pochissimi ragazzi ascoltavano Rap, non esisteva la rete e tutte le possibilità di autoprodursi e autopromuoversi che esistono oggi, quindi da una parte era tutto più difficile dall’altra però quando riuscivi a produrre un mixtape o un demo ti sembrava di aver conquistato il mondo. Oggi fare il rapper o provarci vuol dire più che altro essere aspiranti “Star” perché i giovani non ascoltano più la musica leggera italiana o la tecno commerciale ma piuttosto ascoltano il rapper ragazzino di turno appena uscito. Quindi sono diversi proprio i presupposti per cui uno si mette a fare questa cosa, prima era una questione anche valoriale non solo musicale, i b-boy erano una specie di confraternita molto ristretta che dovevano difendersi dal resto del mondo, adesso il Rap è un affare milionario. Ovviamente è quindi tutta un’altra cosa, con i pro e contro del caso.

Stai già lavorando a qualche novità?

Certo! Anzi vi ringrazio della domanda così vi posso dire che sto lavorando ad un progetto a quattro mani con Suarez che oltre a essere un Rapper che stimo molto è anche un mio caro amico. Sarà un progetto molto poco modaiolo e molto Rap! ☺

Ultima domanda: il ricordo più bello legato al rap fino adesso.

I live sono la cosa più bella, sia farli da sopra il palco che come spettatore. Il live da spettatore che ricordo con più emozione è un live del Wu-Tang Clan a Roma allo stadio del tennis non mi ricordo neanche più quanti anni fa. In quello stadio c’era praticamente tutta la gente che seguiva il movimento Hip Hop di Roma eravamo pochi di solito ma quel giorno eravamo tanti perché tutti insieme in un solo posto.

Un live da protagonista che ricordo con particolare emozione è il live di mio fratello MysticOne al 360 gradi di Roma in occasione della presentazione del suo disco “Peso Specifico” credo un paio d’anni fa. In quel caso abbiamo unito le forze ed è uscito un bel live.

Grazie mille per il tempo dedicatoci e in bocca a lupo per i prossimi progetti