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Idomeni: cronache di una volontaria



Circostanze più o meno casuali mi hanno portato a scrivere di Idomeni, quel luogo al confine fra Grecia e Macedonia, dove da mesi sono accampate migliaia di persone che scappano dalla guerra; cercano di entrare in quell’Europa che aveva detto di accoglierli e poi ha chiuso le frontiere.

Cercherò di essere al di là delle parti non togliendo e non aggiungendo, cercherò di parlare di una piccola storia che possa riflettere un grande evento e la racconterò grazie agli occhi e le emozioni della mia amica Samantha, che è andata ad Idomeni per fare volontariato.

Qui mi fermo per fare una premessa fondamentale, userò le parole chiare e coincise di un grande giornalista italiano:

“ La verità è un ideale, non è una realtà, ce ne sono tante di verità, non ne esiste una unica. Esiste invece la ricerca della verità” I. Montanelli.

Meno di dieci giorni fa, Samantha è partita con Time4life International e altri 45 volontari verso Idomeni per una missione breve con lo scopo di portare aiuti umanitari, 3 tonnellate di cibo e beni di prima necessità.  Oltre alle informazioni che tutti possiamo trovare volendoci documentare un po’, in realtà quale condizione aspettarsi arrivati a destinazione, non è mai chiaro. A Idomeni la situazione può cambiare repentinamente da un giorno all’altro. Le variabili sono le più disparate: se pioverà e le tendopoli si allagheranno, se lo Stato greco smantellerà –come dice- i campi, se i giovani cercheranno di sfondare la rete del confine macedone e la polizia inizierà con le rappresaglie, se, se, se…

Idomeni

Idomeni è sentirsi in un limbo, non ci sono informazioni chiare né per i volontari né per i rifugiati, Idomeni è incoerenza e difficoltà organizzativa.

Per fare un esempio concreto: i volontari prima di partire hanno raccolto latte in polvere per i bambini. Arrivati sul luogo hanno ricevuto, dalle associazioni già presenti, la direttiva di non distribuirlo direttamente perché stavano cercando di sensibilizzare le madri all’allattamento e quindi, quel latte, sarebbe stato spartito in un altro momento secondo alcuni criteri. Dall’altra parte, i volontari, hanno ascoltato madri che pregavano per un po’ di latte, sostenendo di non riceverlo dalle associazioni sul posto.

Adesso vi invito a rispondere alla mia domanda banale e scontata: dopo tutte le riflessioni del caso, voi che avreste fatto?

Dai racconti di Idomeni emerge lo smarrimento dei volontari stessi, che si ritrovano davanti a continue contraddizioni alle quali si è inevitabilmente chiamati a dare risposta, ad agire. Se non sai come gestire le situazioni che ti si presentano con lucida rapidità, diventi un impiccio o un pericolo.

Idomeni

A Idomeni si sta ricreando una micro-società.

Prevalentemente le persone che sono lì fanno parte di una classe media allargata, avevano un mestiere di tutto rispetto a casa loro. Per dirla in parole povere, non abbiamo da insegnare niente a queste persone.

Nascono così piccole attività commerciali fra le tende: barbieri, beauty centre, bar etc…

Idomeni

A questo punto del racconto una domanda mi sorge spontanea, ma faccio un piccolo passo indietro:

  • Fatto n.1: tra Idomeni e gli accampamenti minori, si stima che ci siano dalle 30.000 alle 50.000 persone.
  • Fatto n.2: per cercare di sfamare le persone, i volontari di HotFood hanno costruito un’enorme cucina e lavorano instancabilmente facendo del loro meglio, arrivano così a produrre più o meno 5.500 pasti al giorno. Per evitare di essere assaltati dalle persone affamate, la cucina è stata costruita abbastanza distante dagli accampamenti.
  • Fatto n.3: Si formano micro-realtà commerciali, ad esempio bar.

Ed eccoci alle domande che sorgono spontanee: se il cibo manca come possono trovarlo per rivenderlo in un bar di fortuna? Se il cibo manca, perché il bar di fortuna non viene assaltato? Ci sono quindi aiuti dalla Grecia? Dalla polizia?

Risposta: non si capisce. Sono proprio queste le contraddizioni di Idomeni.

La mia amica però mi ha anche detto che quando sei stato lì e hai visto, poco importano le conversazioni da malelingue, vorresti solo aiutare. Il voler capire emerge quando si è fuori dallo stato di emergenza.

Idomeni

Quando negli accampamenti vedi certi disegni sulle tende o, com’è successo a Samantha, una mamma ti mette in braccio la figlia di due mesi e ti dice di portarla via con te, fai a meno di pensare, agisci e cerchi di fare del tuo meglio.

Quel meglio a volte passa anche dal non dare giocattoli perché i bimbi sono troppi e si creerebbero disuguaglianze ulteriormente –se possibile- deleterie.

Idomeni

Il giorno in cui ho incontrato Samantha per farmi raccontare la sua esperienza, a Idomeni era appena scoppiata una guerriglia, qualche gruppo di rifugiati aveva cercato di sfondare la recinzione e la polizia non aveva tardato a reagire.

Nelle tendopoli la maggioranza della popolazione sembra essere costituita da bambini, è a loro che pensava la mia amica mentre parlavamo; poi inevitabilmente si pensa anche a se stessi ma questo nessuno lo dice, perché la verità è scomoda. Se fosse partita una settimana dopo anche lei si sarebbe trovata nel marasma.

E la ragione dove sta? I poliziotti eseguono ordini, esercitano un ruolo che da sempre qualcuno svolge. Ma non è tutto, a Idomeni si sta ricreando una forma di democrazia interna, ci sono leader che esortano gli altri a restare calmi, ad avere pazienza come unica possibilità. Gli stessi leader che hanno aiutato i volontari durante la distribuzione di beni di prima necessità.

La realtà è complessa e la verità non è mai una sola, purtroppo.

Fra poco arriverà l’estate e con questa, il problema delle epidemie dovute alle pessime condizioni igieniche. Per quanto si sia guidati dal bene e si sia armati di stomaco di ferro, l’odore nauseante non passa inosservato, e neanche la presenza di pidocchi, scabbia e altre malattie o infezioni. Tornare da Idomeni vuol dire anche sentirsi in colpa perché si inizia a pensare che anche tu potresti aver preso qualcosa.

Ma la paura non è mai razionale.

Idomeni

In un’ora di aereo si torna a casa e resta la confusione, la loro, la tua, in un solo istante quella del mondo intero.

Una cosa però mi ha detto la mia amica: partiamo e ci dicono che non si può salvare tutti, torniamo e ci sentiamo in colpa, l’importante è fare quello che si può. Davvero.

Ad esempio così:

Se cercate di scrivere un reportage la prima nozione base è quella di saper rispondere ad alcune fondamentali domande. Fra queste c’è anche perché?. A questa domanda non ho saputo rispondere.

Poche ore fa Samantha mi ha scritto un messaggio chiedendomi di pubblicare in fretta questo articolo, è necessario dare visibilità a queste persone prima che i cittadini europei si dimentichino di loro, e un motivo c’è. Ecco il messaggio di Samantha:Stanno evacuando il campo, hanno tolto l’acqua e vietato l’ingresso alla maggior parte dei volontari. Gran parte dei rifugiati verrà trasferita in campi militarizzati ad Atene o Salonicco, altri proseguiranno per vie illegali, altri ancora torneranno indietro da dove sono arrivati! Credo che per la fine di maggio il campo di Idomeni non esisterà più!”.

Ringrazio Samantha Miccoli per aver condiviso la sua esperienza e il suo materiale. Per le foto ringrazio i volontari di Time4life International. 

Per ulteriori approfondimenti:

Refugee.tv canale creato dai rifugiati stessi per non essere dimenticati

MSF

Time4life International

Blog di Enrico Sitta

Update 24/05/2016: Stamattina la polizia ha iniziato a sgomberare il campo. I giornalisti non possono assistere.