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Odio #2: psicosi collettiva



È più forte di me. Sto vedendo cose in giro che mi spingono a riflettere, e quando rifletto scrivo. Ne sarebbe felice la mia prof di lettere delle medie, che ogni martedì che Cristo metteva in terra voleva che portassimo un tema, consistente puntualmente in una colonna e tre righe scritte in fretta la mattina stessa. “Dovreste scrivere quando ne avete voglia!” diceva, “ma tanto se non facciamo così non scriverete mai!”. Ha visto, prof, la voglia è arrivata. Chi l’avrebbe detto!

Torno a parlare del business dell’odio, e stavolta i fatti sono due.

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La rapina.

Qualche giorno fa un uomo incappucciato ha rapinato un supermercato di Lucca, ma non ha avuto molta fortuna: è stato infatti bloccato da alcuni dipendenti che lo hanno consegnato alle forze dell’ordine. Questo, in breve, è quanto si capiva dai titoli dei giornali esposti fuori dalle edicole. Non era ancora finita la mattinata che già in molti, senza nemmeno aver letto l’articolo, davano per certo che il rapinatore fosse di origine africana, forse tunisina, “sicuramente uno di quegli extracomunitari lì che vengono qua ora”. Ottima applicazione dell’odio profuso a badilate dai media. Peccato che in realtà il ladro fosse un poliziotto in forza alla Digos di Pisa, un insospettabile elemento impegnato nell’antiterrorismo con l’hobby della scrittura, che con questo gesto getta fango sulla divisa che indossa, o meglio, indossava. Ma in questa storia l’africano c’è, in effetti: un ghanese, per la precisione, uno di quelli che ti chiede il carrello nei parcheggi per elemosinarti i 50cent, che senza pensarci si è unito ai coraggiosi commessi per bloccare il ladro. Il brutto è che, nonostante tutto, per molti la verità è ancora quella sentita in piazza.

Lucca

Una precisazione: extracomunitario non vuol dire per forza africano. Per esempio, anche un banchiere di Zurigo è extracomunitario. Il Papa, pure. Obama. Ma lui non conta, è di colore.

Le scritte:
Fine agosto, se non ricordo male. Una mattina Gallicano si sveglia con una sorpresa: in molti angoli del paese e delle frazioni vicine si legge la stessa scritta tracciata con spray nero e mano tremula. 30-09-2015 9h seguita da strani simboli, non sempre uguali. E qui parte il trip.
Dalla piazza al web le teorie proliferano: si pensa a matrimoni (strano, però, di mercoledì), a concerti (c’è Mika a Firenze, ma che ci incastra con Gallicano?) o al mercato (ma non c’è tutte le settimane?). Ma poi scatta la molla. E si parla di Isis, di musulmani e di quella fantomatica stanza in paese da loro utilizzata come centro di aggregazione, attorno alla quale aleggia un alone di mistero e scetticismo che nasconde la curiosità del cittadino medio. Da qui a paventare l’attentato il passo è breve.
Passano i giorni, le scritte rimangono ma le acque si calmano e in tanti si dimenticano di queste ipotesi. Ma poi succede qualcosa. Una mattina il campo sportivo comunale è invaso da musulmani provenienti da tutta la valle, che dopo poco si riversano per le strade del paese. La gente è stupita. Che hanno fatto? Perché lo hanno fatto? Chi gli ha dato il permesso? Orrore! Queste cose a casa nostra! Se c’era Zio Benito glielo faceva vedere lui…
Poco importa che questi signori si siano ritrovati pacificamente per santificare, secondo i loro riti, la festa del sacrificio, col consenso del Comune che ha concesso loro l’uso del campo sportivo, e che se ci fosse stato davvero Zio Benito avrebbe potuto mostrar loro giusto il sacchetto del catetere, alla veneranda età di 132 anni. L’importante è parlare, e meglio se male. E tornano a galla le ormai sopite ipotesi di complotto legate alle fantomatiche scritte.

La psicosi si manifesta il giorno prima della fatidica data quando, sul far della sera, si riaccende il dibattito sul web: per i più informati le scritte farebbero riferimento alla data fissata per il processo a carico di un tunisino che, in caso di sentenza a lui sfavorevole, avrebbe minacciato un attentato contro la scuola del paese. O di buttarsi da un ponte, non è chiaro, forse decide lì per lì. Comunque è tutto spiegato su dei volantini che ha sparso in paese ma che nessuno ha visto. Sti grandi c@zzi.
La mia bimba è in prima elementare. Io sono un tipo abbastanza ragionevole, ma un brividino, a quelle parole, l’ho provato. La mattina del 30, con altri genitori, abbiamo lasciato i bimbi a scuola. L’argomento di conversazione era lo stesso, “tutte cavolate”, dicevamo, ma il brividino c’era. Tanto che anche io, quando ho visto passare un ragazzo un po’ più scuro di me, mi sono fermato per vedere dove andasse. Mea culpa.
Sono passate le 9:00. AM e PM. L’autore delle scritte deve essersi fatto delle sonore risate, in questo mese, se ha un account Facebook. A me non resta che una riflessione: ma se anche noi cercassimo un punto di aggregazione sociale invece di sputtanarci via Facebook, non saremmo persone migliori?
Vado a sciacquarmi la bocca, ho ancora il gusto amaro per aver dubitato di un ragazzo che probabilmente non si è nemmeno accorto della mia esistenza.