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MUSIC

La Parola di Hyst – Parte Terza



PRIMA PARTE – Leggi QUI

SECONDA PARTE – Leggi QUI

Come gestisci il rapporto tra la politica e il rap?

Direi male. Credo tu ti sia accorta che sono una persona con una sensibilità politica abbastanza spiccata. La politica di per sé etimologicamente non è il gioco tra i partiti o tra le banche e i governi: è il sistema delle interazioni tra gli esseri umani. Quindi in questo senso sono molto attento a quello che succede tra le persone. Tra queste dinamiche ce ne sono alcune che sono un po’ più passibili di analisi e sono quelle che viviamo tutti i giorni: come ci frequentiamo, come parliamo, ecc. L’ambito che riguarda il rapporto tra popoli e governi, quindi diciamo tra controllati e controllori è leggermente più complesso perché è quello in cui essendoci interesse reale (economico e di potere) può far nascere menzogne e zone oscure. Non voglio dire che ho il senso della missione di dover svelare queste cose al mondo: non mi sento Malcolm X, né Immortal Technique, però sono ferito da una serie di cose che alcuni esseri umani fanno agli altri. La cosa che mi offende nella gente è che non decide mai di svegliarsi: il danno è così diluito che uno non lo vede.

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Hyst Mantra

E pensare che la prima volta che ho avuto un contatto con Hyst, non è stato perché ascoltassi rap, ma perché da liceale la notte non era uno scenario da sfruttare per andare a dormire e benché non uscissi, la sfida con se stessi era raggiungere il letto il più tardi possibile. E proprio in quelle sere tarde, ricordo che Hyst mi colpì su Rai 3, dove la sua voce non era prestata ai beat, ma alla presentazione di un programma pseudo comico. Non avrei mai immaginato di riconoscerlo in Kamikaze tempo dopo ed associarlo immediatamente a quel trascorso lì. Da quel momento ho cominciato a vedere il suo percorso con la tv che lo accompagnava silenziosamente accanto a rime e cantato, fino a che non ho riscontrato un’apparente contraddizione in questo disco in cui ad un certo punto Hyst dice: “Poi l’ho visto andare in tv e ho pianto un po’ anch’io”. Mi suonava strano, visto che la sua carriera aveva più volte incrociato questo spazio e che anche persone a lui vicine come Kiave avevano solcato il palco di Spit, o quello del Concerto del Primo Maggio. Hyst ha focalizzato l’argomento sul suo personale rapporto con la tv che non è poi così tremendo e ammettendo che “tutto sommato Mtv Spit (lo so perché c’è stato Mirko ed ero direttore artistico di Shade quando ha vinto, quindi è una zona che conosco abbastanza bene) è fatto bene, gestito come una jam, senza particolari censure. Ora, che il freestyle di oggi sia un po’ più scemo di quello di qualche tempo fa, non è colpa della televisione, ma è perché è andato leggermente a puttane. Però aldilà di questo, quando io lavoro come attore o presentatore sto facendo un mestiere (tra i vari che faccio) si tratta di cose che faccio perché le comprendo e ho imparato a farle come lavoro. Sicuramente preferisco, quando posso scegliere, fare un lavoro che moralmente non mi degrada o degrada chi ne usufruisce, per cui se dovessi scegliere di fare ristorazione, probabilmente lavorerei in una trattoria e non in un Mc Donald. Però è una cosa da cui mi sento un pochino più slegato dal punto di vista della moralità personale, mentre la musica no. Di fare musica non me l’ha chiesto nessuno ed è l’unica cosa che faccio per unica prerogativa personale e con tanta arroganza (di pensare che a qualcuno interessi). Lì, sono l’unico responsabile creativo e di ciò che c’è dentro filosoficamente. Se ricordi inizia con: ‘ho visto il rap vestire firmato / come sto da Dio’, quindi era un modo per dire ‘vuole anche giocare a vestire bene? Sticazzi. È un vezzo personale, individuale’. Quando il rap comincia ad avere a che fare con la televisione, ci sono dei rischi un pochino più grandi, dal punto di vista proprio del contenuto, del messaggio individuale”.

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Se dovessi trovare un aggettivo per te, sarebbe “poliedrico”. Ma chi è il vero Taiyo?

Io sono effettivamente un’emblema di quella che viene considerata la tipica caratteristica dei giapponesi e cioè sono uno fortissimo a copiare. Significa che la maggior parte delle cose che io mi sono trovato a fare nella vita, le ho potute fare ad un livello decente (non sempre ad un livello buono) perché sono molto capace ad analizzare i fattori che compongono una determinata performance o mestiere, a capire quali sono quelli determinanti per arrivare al risultato richiesto e a mettere in pratica quelli. Questo è il mio vero talento di base ed è la cosa che mi ha permesso di campare fino ad oggi. È ironico perché questo talento qua in realtà si riflette anche nella mia capacità di analizzare tutto il resto che mi circonda: le relazioni, la politica, la vita… e quindi mi dà anche lo strumento per poter raccontare poi le cose in un certo modo. Non è un caso che (nonostante io non abbia fatto nessuna pressione) molto spesso io venga indicato come il “sensei”, anche se io non mi ci sento per niente, anzi ho il problema inverso: sono un adolescente perpetuo. Il fatto di avere questa capacità di analisi molto razionale, molto spesso mi permette di spiegare un determinato argomento, in un modo leggermente più ordinato e sintetico che sembra più chiaro, allora sembra che ne so di più. Ma non ne so di più: l’ho solo scomposto in un modo più comprensibile. L’attività in cui mi sento più a mio agio? Con una certa presunzione devo dirti che secondo me, la cosa che so fare meglio è il rap.

Speri di diventare un giorno “un realista con realtà”?

Sì. Lo spero ardentemente, anche se le probabilità che questo accada sono veramente veramente scarse.

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