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CINQUECENTO BRUM BRUM
MUSIC

Cody ChesnuTT, l’intervista!



 

Il percorso artistico di Cody ChesnuTT comincia con una falsa partenza sul finire degli anni ’90: all’epoca suona in una band chiamata Crosswalk (genere modern rock, come dirà lui stesso nel corso dell’intervista), con la quale sta per pubblicare un disco su Hollywood Records. Un disco importante, con una produzione costosa, roba da major. Il disco non vedrà mai la luce, gettando Cody e compagni nello sconforto più totale.

Ad ogni azione corrisponde una reazione: i Crosswalk si sciolgono e Chesnutt si rinchiude in casa a sfogare le proprie frustrazioni artistiche. Frustrazioni che prenderanno la forma di un album, quell'”Headphone Masterpiece” in grado di portare l’artista – finalmente – sotto la luce dei riflettori.

Lo zampino del sempre attento ?uestlove serve a dare la spinta finale alla stella in ascesa ChesnuTT: il riferimento è, ovviamente, a The Seed 2.0 cover di un brano dello stesso Chesnutt contenuta sull’album dei Roots “Phrenology” e diventata presto una hit mondiale.

Poi, il silenzio, durato dieci anni, interrotto solamente dall’EP “Black Skin No Value” che ha traghettato i fan di Cody all’atteso ritorno, un ritorno materializzatosi sul finire dello scorso anno con “Landing on a hundred”.

Il resto della storia, la racconta Cody nell’intervista.

Buona lettura.

 

 

Sei già stato a suonare in Italia?

Sì, sono stato a Roma, Milano e Bologna.

Che tipo di reazione hai avuto?

Ottima, moltissimo amore. Sono stato a Milano due volte, ora che ci penso, ed ogni volta è stata grandiosa. Le persone in Italia dimostrano sempre grande amore e passione per la musica e questo è tutto quello che chiedo.

Landing on a hundred è uscito ormai da qualche mese. Che feedback hai avuto sul disco?

Grande feedback, tutti quelli che con cui ne ho parlato sono stati positivi, ed anche quello che ho visto online. Alla gente è piaciuto davvero, soprattutto l’evoluzione che ha preso il disco ed il suo feeling, che è davvero importante per me: mi sentivo molto bene quando l’ho composto e volevo che la gente avvertisse questa cosa e si sentisse bene a sua volta. Quindi, molto bene.

Tra il primo disco ed il secondo sono passati dieci anni. Che hai combinato in tutto questo tempo?

Ho vissuto la vita, tutto qui. Mi son preso del tempo per vivere: sono padre di due bambini adesso e questa è un’esperienza completamente nuova. Volevo godere della cosa, volevo che mi riempisse l’anima, avevo bisogno di crescere come artista. Quindi ho speso il mio tempo cercando di capire il mio ambiente, il mio nuovo status: adesso, tra l’altro , vivo in un altro stato, ma tutto questo tempo mi è servito a crescere.

Dove ti sei spostato?

In Florida, nel 2003.

Quindi entrambi i tuoi figli sono nati in questo lasso di tempo?

Esatto.

La nascita dei tuoi figli come ha cambiato il tuo processo di scrittura?

La cosa principale, il cambiamento principale, è stato purificare la mie prospettive. Dopo aver avuto il primo figlio sono diventato molto più attento a quello che dicevo e a come lo dicevo, sono diventato molto più consapevole rispetto a tutto quanto si rifletteva nella mia musica, in quello che dicevo ed in quello che volevo condividere.

Come presenterai il tuo disco dal vivo? Chi ci sarà sul palco con te?

Ci sarà la band che ha registrato il disco. Esattamente quella band.

La tua carriera è cominciata in una band chiamata Crosswalk. So che registraste un disco, che però non è mai uscito.

Vero. Registrammo il disco per un’etichetta chiamata Hollywood Records ma il disco non uscì mai. Il risultato fu che la band si sciolse ma la cosa peggiore fu che i miei compagni erano talmente feriti  e depressi che non erano neanche più interessati alla band. Eravamo stanchi dell’industria musicale, e quindi ognuno prese la propria distratta. Il disco esiste ma non è stato mai tirato fuori.

Hai intenzione di pubblicarlo, in qualche modo, prima o poi?

Sì, mi piacerebbe. Avevo anche pensato di tornare in studio per rimixarlo completamente, dato che venne mixato nel 1999. La registrazione è buona, però magari potrei remixare qualche traccia, o anche tutto il disco.

Come suona quel disco? Che tipo di sound avevate nel 1999? Suona vagamente simile a “Headphone masterpiece” o è qualcosa di completamente diverso?

No, no, non somiglia affatto a “Headphone Masterpiece”. Era un disco completamente prodotto da una major, in un grande studio. Era un disco ad “alta fedeltà” quindi. Era un disco, sonicamente parlanda, molto anni ’90, c’era dell’hip hop e del rock alternativo, cercavo – come ho sempre fatto, di combinare in musica tutte le mie influenze, tutti i miei sentimenti. Quel disco è decisamente un disco “Modern Rock”: questa è l’etichetta che userei per descriverlo.

A proposito di etichette: i giornalisti tendono ad affibbiarti quella di “artista neo soul”. Cosa ne pensi?

Non ho mai accettato quell’etichetta. Voglio dire, capisco perfettamente che si utilizzino delle etichette per spiegare cosa succede musicalmente, o per categorizzare gli artisti per venderli meglio come prodotti, ma io mi considero un artista soul. Non necessariamente neo soul.

Come sei entrato in contatto con i Roots?

Ho incontrato i Roots nel momento in cui “Headphone Masterpiece” stava girando nell’underground. ?uestlove lo sentì.. beh ?uestlove ne parla dettagliamente nel suo libro “Mo meta blues: the world according to ?uestlove” quindi, se hai modo, dacci un’occhiata. Dicevo, avevamo delle amicizie in comune: una ragazza gli fece sentire il disco e lui cominciò a cercarmi. Quando scoprì chi ero, fissammo un incontro e così è cominciata la cosa.

Ancora su Headphone Masterpiece: quel disco è uscito dieci anni fa. Cosa ne pensi oggi?

E’ un gran lavoro artistico, in un modo molto puro ed innocente. Headphone Masterpiece era, fondamentalmente, un giovane uomo che scopriva la musica per la prima volta: senza confini, senza regole, senza paura. E’ un grande testamento di una persona che abbandonato ogni tipo di paura nel proprio processo creativo. Lo amo ancora tantissimo. Non suono le canzoni che le persone conoscono maggiormente di quel disco ma solo perché adesso ho una mentalità completamente diversa, ma lo apprezzo completamente come disco.

Nelle fotografie che accompagnano la promozione di Landing on a Hundred, sei ritratto con in testa un elmetto da guerra. Stai combattendo contro qualcosa o qualcuno?

L’elmetto è, fondamentalmente, un simbolo che utilizzo per rappresentare quello che accade: sono io, in prima linea, che combatto per tutto quello che ho caro nella vita. Combatto per tenere accesa una luce: c’è così tanta oscurità nel mondo.

Quanto dovremo aspettare il prossimo disco? Dieci anni? Cinque?

Ahahahahah! A dirla tutta, credici o meno, ci sto già lavorando. Sarò quindi, probabilmente, pronto per pubblicare un nuovo disco in un anno o due. Due anni nel caso peggiore.

Dopo la delusione coi Crosswalk ed il successo di Headphone Masterpiece, che tipo di sentimenti hai, oggi, verso l’industria discografica?

Come sappiamo tutti, l’industria musicale non esiste. Ad oggi c’è uno scenario completamente diverso, ed io amo il fatto che il potere sia nuovamente in mano agli artisti, se questi lo desiderano. Amo l’idea che ognuno si libero di creare il proprio processo di business, in molti modi diversi, sia per quanto riguarda la creazione, si per quanto riguarda la distribuzione. Mi piace la “nuova industria” di adesso: credo che racchiuda molte possibilità per quello che può accadere tra gli artisti ed il pubblico.

Ti vedremo sul palco con l’elmetto quindi?

Sicuramente sì!