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Lo Shyamalanverse è più solido di ciò che sembra



Da pochi giorni è uscito Glass, nuovo film di M. Night Shyamalan, film che sta dividendo tantissimo, sia pubblico che critica, aspetto che per me rende sempre interessante un film.

C’è chi lo ritiene indegno e un nuovo passo falso del regista, chi lo reputa una buona chiusura della sua trilogia supereroistica. Io rientro nel secondo insieme e azzardo addirittura che lo Shyamalanverse è l’universo cinematografico condiviso più centrato che è stato realizzato fino ad ora.

Premetto che, da un punto di vista progettuale, il Marvel Cinematic Universe (che a me piace tantissimo) è molto più complesso ed articolato, il lavoro di M. Night Shyamalan è totalmente slegato da una controparte cartacea di riferimento che, spesso e volentieri, corre in soccorso e giustifica una serie di carenze logiche e narrative. Non solo. I film di Ironman & Co. sono una forma di intrattenimento nuova, ancora lontana dalla serialità televisiva, ma anche altrettanto lontana da quella cinematografica. E questo per me non è certo un problema, ma è importante essere consapevoli che si tratta proprio di una cosa diversa.

Ma torniamo al progetto del nostro regista indo americano.

Va detto che il tutto è iniziato ben diciannove anni fa, con il bellissimo Unbreakable, film che decostruiva il genere supereroistico prima ancora che diventasse un genere e, stando alle informazioni che ho reperito, pare che nella sua visione, fosse sin dall’inizio il primo capitolo di una trilogia.

L’aspetto grandioso di Unbreakable è che è esattamente ciò che il fan dei supereroi non vorrebbe: un film lento, praticamente privo di azione e senza costumini. E tutto ciò è geniale.

È un film solido, perfettamente riuscito e che, piaccia o meno, è proprio grande Cinema.

Passano diciassette anni e, dopo alcune pellicole molto riuscite (The Visit o The Village), dei film riusciti a metà (E venne il giorno o Lady in the water) e qualche troiaio (L’ultimo dominatore dell’aria o After Earth), porta in sala Split.

Il film viene presentato come un thriller/horror che ricorda una storia vera, quella di …., uomo affetto dal disturbo della personalità multipla (ventiquattro identità raccontate nel romanzo Una stanza piena di gente, di cui da anni si parla di un adattamento cinematografico con Leonardo di Caprio) che rapì tre ragazze negli anni ‘80.

Split parte proprio da un soggetto analogo, ma durante il film si sposta molto più sul genere fantastico e, negli ultimi trenta secondi, grazie ad un cameo di Bruce Willis, si collega in modo geniale ad Unbreakable (Shyamalan Twist), diventando a tutti gli effetti un film di origine di un villain: L’Orda.

E arriviamo al gennaio del 2019 quando arriva nelle sale Glass, il capitolo conclusivo del progetto supereroistico di M. Night.

A differenza dei primi due, che vivevano tranquillamente di vita propria, questo film non può essere visto senza aver fruito dei due capitoli precedenti (se si escludono gli ultimi trenta secondi di Split, che comunque non stravolgono ciò che abbiamo visto, al massimo possono lasciare perplessi se non si è visto Unbreakable, ma comunque non lo rovinano), esattamente come praticamente tutti gli altri film del genere supereroistico, esclusi quelli sulle origini.

Questo aspetto è stato letto da gran parte della critica come un grosso problema (per me non è stato così), ma era scontato che, una volta scoperte le carte, il gioco sarebbe stato diverso. E così è stato.

Infatti Glass è un vero e proprio cinecomic, pregno di tutti i cliché che ormai mastichiamo da quasi vent’anni, che richiede una sospensione dell’incredulità di gran lunga maggiore rispetto alle prime due pellicole, ma che chiude il cerchio e rende la trilogia qualcosa di teorico e concettuale, di gran lunga superiore ad altre trilogie supereroistiche autorali.

Infatti, se prendiamo in esame i lavori di Sam Raimi con Spider-Man o di Christopher Nolan con Batman, ci troviamo davanti a qualcosa di decisamente più solido. Probabilmente alcuni capitoli di entrambi sono anche superiori ai singoli lavori di M. Night, ma nell’insieme vengono nettamente surclassati.

Cercando di spiegare meglio, la chiusura delle trilogie sopracitate non è stata all’altezza delle aspettative che avevano creato i primi due capitoli. Giusto per chiarire, il terzo capitolo degli X-Men non lo considero nemmeno perché non è di Brian Singer, quelli del MCU invece secondo me non rientrano nemmeno nel discorso, così come quelli di Wolverine, che sono più figli della visione del produttore che del regista.

Detto ciò, capisco che anche Glass aveva aspettative molto elevate, comprendo benissimo il fatto che possa deludere, ma ribadisco che per me è un progetto riuscito.

L’idea di Shyamalan, o perlomeno la mia lettura di essa, arriva e soddisfa. Poi sono d’accordo che i buchi di trama ci sono e alcune soluzioni sono naive se non addirittura grottesche, ma ciò non toglie che, lasciandosi trasportare dalla sua idea di cinema, ciò che vediamo è una degna conclusione di un progetto tanto ambizioso quanto folle.