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A MILANO SAREBBE STATO PIÙ FACILE
MUSIC

Damir Ivic



Damir Ivic, giornalista musicale, collaboratore con Il Mucchio, DNA Concerti, Red Bull Music Academy e mille altre realtà, è nella scena da una vita. Inizia col microfono, nel gruppo veronese Codice Rosso, nel quale militavano dj Zeta ed il primo nucleo di Vibrarecords. Curioso che il primo concerto del gruppo si sia tenuto proprio a Firenze, all’Indiano, di fronte ad un pubblico di circa una ventina d’unità, tra cui si segnalava la presenza, di rilievo, di Frankie Hi-NRG. E stiamo parlando del 1994. Ma le skillz, come confessato dal buon Ivic, non sono granchè, e Damir vira la sua carriera in direzione giornalistica, chiamato a gran voce da Paola Zukar (all’epoca capoccia di AELLE, oggi manager per Marra e Fibra) per collaborare sulla ‘zine che fece leggenda…

Lo scorso dicembre, Arcana Editrice ha dato alle stampe il suo ultimo lavoro, quella “Storia ragionata dell’hip hop italiano” di cui abbiamo già avuto modo di parlare, in termini più che positivi, proprio su questo sito.

Questo è il risultato di una breve conversazione su skype, gustatevela. Gli spunti di riflessione non mancano.

Deiv Come ti è venuto in mente di scrivere questo libro?

Damir Ivic Era un libro che sapevo che avrei scritto ed era un libro che ero convinto che non avrei mai scritto. Le due cose contemporaneamente, perchè da un lato mi sono ritrovato ad essere un giornalista musicale e, fra questi, credo di essere proprio l’unico che era all’interno della scena hip hop… non l’ho mai osservata dall’esterno… non sono il giornalista del quotidiano che “guarda questo curioso fenomeno dell’hiphop”… al tempo stesso, se Arcana non mi avesse chiesto esplicitamente di farlo, io, un po’ per pigrizia, un po’ perchè l’argomento è effettivamente vasto, difficilmente mi ci sarei cimentato. Quindi non saprei, ho questa sensazione ambivalente che mi dice che l’avrei fatto in ogni caso e non l’avrei fatto in nessun caso.

Deiv La cosa che mi è piaciuta del libro, e dalla quale si capisce che facevi parte della scena, è l’introduzione: perchè tu cominci il libro mettendo le mani avanti.

Damir Ivic Ah si, assolutamente. Mi autodenuncio subito perchè c’è un modo tutto scorretto di usare rap ed hip hop come se fossero intercambiabili. Mi rendo conto che è qualcosa di sbagliato però il mio è un libro che al tempo stesso, da un lato vuole parlare alle persone della scena, perchè appunto, ho un minimo di arroganza nel dire che mi sono guadagnato un po’ di esperienza su questo campo però dall’altro sono stati così tanti gli equivoci ed i luoghi comuni sbagliati che sono stati costruiti attorno alla scena hip hop che speravo di poter dare il mio piccolo contributo nel cercare di sfatarli. Quindi questo libro parla anche a chi ha soltanto orecchiato il rap, ne è stato un minimo incuriostio ma neanche più di tanto. Il tentativo è quello di muovermi su un doppio binario, in questo assomiglio abbastanza ai testi di Fibra, se vogliamo fare un paragone, perchè i suoi testi se ascoltati superficialmente sembrano gran cazzate divertenti poi in realtà se li ascolti meglio ci sono delle sottigliezze niente male.

Deiv Mi piace proprio il fatto che tu inizi dicendo una cosa del tipo “questo libro non sarà certo completo”, “chi non c’è sopra non si offenda” insomma, si vede che sai come muoverti, che sai prevedere quali potranno essere le possibili, probabili, reazioni della gente…

Damir Ivic Beh insomma io posso vantare nel mio curriculum un canzone di Bassi con una strofa dedicata a me (in S.A.I.C. Succhiateci ancora il cazzo), c’è anche Babaman che mi ha insultato una volta e poi insomma, l’aver lavorato ad AELLE per due-tre anni ti abitua abbastanza ad affrontare il tasso di litigiosità della scena hip hop…

Deiv Secondo te come mai da noi la scena è così? Io non so se questa suscettibilità ci sia nel resto del mondo.

Damir Ivic Secondo me c’è anche nel resto del mondo e sicuramente c’è in America dove anzi sono perfino un filino più concreti che da noi perchè possono risolvere le faide a pistolettate.. in Italia è successo solo una volta, e non posso fare i nomi, dove una crew è andata sotto casa di un’altra e ha tirato fuori le pistole in segno di minaccia. Però non farò mai i nomi, ma questa cosa è successa, sia chiaro. Chi era lì protagonista lo sa. Però ecco la litigiosità fa parte della cultura hip hop, nel senso che è una cultura che si basa molto sull’autoaffermazione, anche arrogante, di sé. E questo da un lato è positivo perchè ti rende attivo nei confronti delle cose che fai e ti fa credere in te stesso: dall’altro ti porta spesso a perdere la capacità di reltivizzare le cose, a guardarle in modo un po’ più sano, insomma stiamo parlando di rap, non di questioni di vita o di morte.
Di nuovo: sono due opposti che convivono, e questa tensione che si crea fra questi opposti rende la realtà interesante, secondo me.

Deiv Ok, qui però mi permetto di farti un appunto: se guardiamo la cosa da un punto di visto prettamente materialistico, mi vien da dire che, perlomeno, in America ci girano i milioni. Qui, il 90% delle volte si parla di guerra fra poveri.

Damir Ivic Hai assolutamente ragione, ma guarda in realtà è una cosa che tento di far capire col mio libro. Mi hanno fatto una domanda, domenica mentre ero a Rimini a presentare il libro: “Come mai non hai messo il capitolo “che fine hanno fatto”?” In realtà se avessi risposto a questa cosa sarebbe potuta calare una coltre di tristezza perchè quasi nessuno ha fatto i soldi e quasi tutti fanno fatica a sopravvivere facendo quello che fanno. Anche persone di enorme talento. Non volevo insomma dipingere una scena di loser, anche perchè secondo me non lo è. Più che altro tu sei un loser in partenza, in Italia, se ti occupi di cultura e di arte. Quindi è un discorso proprio generale, non relativo solo alla scena hip hop.

Deiv La serie di interviste che compone il tuo libro nasce escplicitamente per questo volume o è un insieme di lavori che hai raccolto nel corso degli anni e che poi hai messo insieme?

Damir Ivic Un misto delle due cose. Con una maggioranza di interviste preparate apposta per il libro, con un dispendio di tempo e di soldi non indifferente. Credo che ditributori di benzina e casellanti siano molto contenti di questa mia opera letteraria.

Deiv Quale credi che sia l’intervista che, forse, da più senso al libro?

Damir Ivic Eh, buona domanda. Ogni scarrafone è bello a mamma sua, quindi ogni intervista ha delle specifità. Quella a Next One è stata importante per gettare le basi sulla cultura hip hop, quella con Caparezza è molto interessante perchè lui è una di quelle persone che meno c’entra con la cultura hip hop, e questo me lo disse anche lui, però al tempo stesso è una delle persone che posso sentire più vicine perchè ha un atteggiamento molto ragionevole nei confronti di tutto quanto. Una via di mezzo può essere l’intervista finale a Fabri Fibra che credo che sia interessante, e di per sé significativa, perchè parliamo dell’artista che negli ultimi due-tre anni è riuscito veramente a raggiungere dei meccanismi americani del successo e del modo di gestire il successo. Qualcosa che in Italia era avvenuto solo con gli Articolo31, ma solo in parte, loro si erano dovuti abbastanza imbastardire, abbastanza poppizzare. Fibra più che rendersi più pop si è reso un po’ più americano, però, ecco, credo che il suo sia un caso interessante.

Deiv Credi che Fibra durerà o sarà solo l’ennesimo spiraglio mainstream sul rap che prima si è aperto e poi si è richiuso?

Damir Ivic Le due cose possono anche non essere dipendenti fra di loro. Fibra potrebbe durare, così come sono durati un sacco di tempo gli Articolo31, l’hip hop invece potrebbe tornare di nuovo nei sotterranei. Secondo me siamo già nella fase discendente dell’onda, quando sono usciti Marra e Dogo coi loro primi dischi su major eravamo nella fase crescente, ora credo che Fibra manterrà il suo successo ma di nuovo ci sarà un calo di interesse nei confronti dell’hip hop da parte dei media mainstream oppure dei marchi.

Deiv Un altro aspetto che mi è molto piaciuto del tuo libro, è stato il fatto che hai avuto le palle, e qui lo sottolineo, di dire che l’hip hop in Italia, spesso è portato avanti da persone che nel loro campo non sono professioniste.

Damir Ivic Ah ma questo è un aspetto fondamentale. Una delle cose che più in Italia è stata trascurata. Allora, aneddoti concreti: per un sacco di tempo c’è stato un newsgroup, it.arte.hiphop, che era veramente l’agorà telematica della scena prima che esistessero i siti, i forum e quant’altro. E lì avevo tutta una serie di persone che mi dava molto contro, più che altro perchè ai loro occhi io rappresentavo AELLE, ma non avevamo la maturità di capire che io sono sempre stato un iconoclasta rispetto alla mentalità di AELLE. Però ecco la loro critica principale per demolire le mie argomentazioni era “tu non sai fare”. Sottintendendo che non ero un mc, non ero un dj, non ero un breaker…. però il punto è questo. Si sottovaluta il problema della professionalità: io non so fare l’mc o il breaker e quan’altro, però come giornalista e critico ho una mia professionalità. Se voi provaste a fare i giornalisti ed i critici fareste cagare esattamente come facevo cagare io come mc. Capire che le cose vanno fatte bene, al di là delle quattro arti, ecco si fa veramente fatica a dare forma a questa regola di buon senso. Dovrebbe essere una regola di buon senso ma il comunicato legato all’uscita della compilation “Missione impossibile” che io ho ripubblicato nel mio libro pari-pari è proprio un esempio ficcante, da quanto è nitido, della non professionalità della scena.

Deiv Ok, un’ultima cosa. Come credi che si sia evoluta la scena in base anche all’evoluzione dei media? Quando ero pischello c’era soltanto AELLE, poi si sono frammentati i media e forse, di conseguenza, anche la scena. Che ne pensi?

Damir Ivic Partiamo da questo aspetto, che mi fa molto sorridere, che quando c’era AELLE tutti gli davano contro e adesso tutti lo rimpiangono. E queste sono le stesse persone che gli davano contro. In generale credo che ci sia maggior superficialità nella fruizione della musica in generale, non solo della musica rap. Tutti pensano che possa bastare aggiornarsi sul web per sapere le cose ma non si rendono contro che, così facendo, perdono l’allenamento alla profondità. Ottieni le notizie in modo molto semplice, non te le devi andare a cercare, e così alla fine le svaluti. In questo momento, sono molto contento che tu ci sia e posso dirti che seguo, anzi già seguivo quello che scrivevi in giro perchè un minimo faccio il lurker anch’io, devo segnalare però una grande mancanza di ricambio generazionale per quanto riguarda i giornalisti musicali in generale e a maggior ragione quelli della scena rap. Tutti adesso iniziano a scrivere sul webzine però è troppo facile scrivere sul webzine: non hai data di consegna, non hai un numero di battute da rispettare e soprattutto c’è un senso di irresponsabilità che ti porta a pensare di poter scrivere tutto quel che ti pare tanto tutto va bene. In generale il panorama sta molto peggiorando e la cosa avviene anche nella scena hip hop: avevamo dei giornali che non ci sono più, non sono stati neanche considerati abbastanza preziosi per quello che erano perchè Groove, con tutti i suoi limiti, era un punto di riferimento della scena ed i siti, i portali che sono arrivati e che magari sono anche meritori, non sono abbastanza. Il problema è che non si sente l’esigenza o comunque non si sente abbastanza l’esigenza di avere una seria informazione sul rap in italia. Questo è un gran peccato.

Deiv Ok Damir, grazie per il tuo tempo e complimenti ancora per il tuo bel libro.

Damir Ivic Prego, grazie a voi.